Ascolese Mario MD *, Ascolese dott. Aniello**, Ascolese Marco MD***.
*ASCOLESE MARIO PhD MD
Prof. a Contratto UniSa
Dottore di Ricerca in “Scienze Chirurgiche dell’Età Evolutiva”
Vicepresidente “Centro Studi Schola Medica Salernitana” 1991-2023
Redattore in “PANGEA” rivista di arte, cultura e scienza del mediterraneo
**Ascolese dott. Aniello
Prof. Economia e Cultore in Storia Economica UniSA
Presidente dell’Associazione Promozione Sociale “Il Miglio Santo”
Socio e Presidente dei Revisori dei conti della Rassegna Amalfitana
Esperto in emersione del lavoro non regolare della Presidenza del Consiglio dei ministri 2003-04
Ricercatore e Studioso di Storia locale
***Ascolese Marco MD
Plovdiv Medical University BG
Spec. in Management Sanitario
SDABocconi MIHMEP25 Candidate
SIMA-ISBEM: International Delegate for Bulgaria
Dott. MBA – II°Liv Founder & CEO – Globalty International EOOD
Esperto in applicazioni AI (Artificial Intelligence) alla storiografia medicale europea e globale e al suo utilizzo in ambito medico.
Abstract
This article relates how the origins of the Salernitana School come from an ancient Cilento town in the province of Salerno, in particular Velia, formerly called Elea, near Paestum. In it, after archaeological excavations, it is clear that there was a medical college that devoted to Asclepius carried out diagnoses and therapies with medical treatments and operations and that used medicinal herbs and hot and cold water baths, to the point that the well-known doctor Antonio Musa, who had healed Augustus with cold baths with the celebrated waters of Velia, gave the town the splendor and attention of the Roman era of a place where there was a medical college, which with the passing of the centuries and the incursion of the barbarians emigrated to favor the rise of the Salerno Medical School at the “civitas Hippocratica”.
Key words:
Schola Salernitana, Scuola Medica Salernitana, civitas Hippocratica, collegio medico di Velia
Introduction
Le origini della medicina sono antichissime, anzi preistoriche; potremmo affermare che essa è nata con l’uomo, proprio per porre rimedi ai suoi mali fisici e che, per la sua importanza, in epoca remota, veniva praticata solo da capi politici e religiosi, attraverso esercizi magici e riti.
Le località dove, da molti secoli a.C., essa veniva praticata erano l’antico Egitto, l’India e la Cina. Infatti, una scienza medica conosciuta in India da oltre tremila anni era chiamata Ayurveda il cui significato etimologico da avus= vita e veda = conoscenza voleva individuare un sistema di medicina che non ha mai cessato di evolversi: è una scienza che, ancora oggi, viene insegnata nelle università e praticata negli ospedali indiani.
Le conoscenze storiche più attendibili indicano in Asclepio, in Grecia, il fondatore dell’arte medica, ma il vero precursore della medicina scientifica resta Ippocrate, che è la figura più rappresentativa della medicina antica, tanto da esserne considerato il padre. La scienza ippocratica si diffuse in tutto il mondo, in particolare ad Alessandria di Egitto e poi a Roma ad opera di Galeno. Ma certamente gli Arabi prima e la Scuola Medica di Salerno dopo, hanno il privilegio di aver diffuso la medicina in Europa.
La Scuola Medica Salernitana rappresenta la memoria storica della civiltà medica nel mondo occidentale, un momento dell’umanità sofferente che ha attinto e sviluppato le sue risorse in un’epoca, o meglio in un arco di secoli, definiti nebulosi ed oscuri. Nel Medioevo, con l’evoluzione del pensiero filosofico e teologico, si svilupparono quegli strumenti scientifico-matematici che portarono ad un grande balzo in avanti tutto il mondo occidentale. In seguito all’influenza del mondo arabo, sorsero in Europa varie scuole di medicina, come a Salerno in Italia, a Siviglia in Spagna, a Montpellier in Francia: queste sedi, in pochi decenni, divennero centri di cura e di ricerca, tanto da creare un forte contatto con la scuola medica islamica di Bagdad.
La Schola Salernitana, anche con i suoi limiti, nell’epoca in cui si sviluppò, rappresentò un momento illuminante dell’arte medica, in quanto riuscì ad esprimere e a diffondere tutti i valori scientifici e religiosi della pratica medica, sì da ottenere un riconoscimento internazionale. Tale noto privilegio sta nell’aver esercitato la diffusione delle conoscenze della pratica medica e nell’avere intrecciato scambi e collaborazioni con le altre Università europee per la divulgazione dei precetti medici.
La Scuola eccezionalmente innovativa per l’epoca in cui nacque e si sviluppò, fu possibile grazie alla presenza del Mar Mediterraneo, crocevia di traffici e scambi tra popoli di culture tanto diverse (latina, ebraica, greca, araba) ma in grado di collaborare senza preclusioni e con rigore dialettico, secondo l’insegnamento di Ippocrate ed Aristotele, in un periodo storico segnato da pregiudizi, false credenze e prevenzioni d’ogni sorta.
Rivoluzionaria fu la spinta propulsiva data dall’apporto delle conoscenze arabe in campo medico, scientifico e filosofico; centrale in questo senso fu la figura di Costantino l’Africano, a cui il libro dedica un ampio approfondimento come personaggio illustre della Scuola, che tradusse e rese disponibili preziose opere arabe, riportanti la tradizione medica greca mutuata da antichi testi ormai introvabili in Occidente. Colpiscono, nella diagnosi e nella cura, il ricorso ad un metodo scientifico basato sulla compenetrazione di teoria e osservazione empirica e l’approccio olistico che considerava il paziente come un unicum di mente, spirito e corpo. E l’importanza data alla prevenzione che prevedeva regole d’igiene, corretta alimentazione, e buon vivere. Precetti straordinariamente moderni la cui validità é oggi universalmente riconosciuta.
Lucania culla della Scuola Medica Salernitana
Le origini della Scuola Medica Salernitana [1] passano attraverso la bellezza della costa di Amalfi e del Cilento, anche perché la città, è sempre stata un incrocio di cultura e saperi greci, latini arabi ed ebraici [2] ed ha sempre raccolto nei secoli il fior fiore della tradizione in ambito medico, evidenziando uno spiccato ed anacronistico senso cosmopolita e di accoglienza [3].
Il verificarsi delle circostanze che favorirono il sorgere della Scuola Medica di Salerno, della «civitas Hippocratica» [4], è uno dei fenomeni più interessanti per gli studiosi di filologia e di storia della scienza, che in esso scorge il perpetuarsi, il rinnovarsi, e il caratterizzarsi di una cultura che ha resistito all’urto distruttivo delle invasioni barbariche, mantenendo un filo conduttore tra la latinità classica e la civiltà medioevale e vi ravvisa il punto di partenza per gli sviluppi della scienza medica futura [5].
Salerno nel 194 a.C. divenne una colonia romana che prese il nome di Salernum [6] ma, dopo gli scavi del primo ‘900 gli archeologici hanno scoperto vasellame e corredi importato dalla Grecia che possono attribuirsi con molta probabilità al collegamento con la cittadina di Velia, anticamente denominata Elea, appartenente geograficamente all’antica Lucania.
Quest’ultima fu fondata da coloni focesi, sul territorio che, Erotodo, dice degli Enotri, nel secolo VI a.C [7].
A Velia, che era l’antica Elea sul Tirreno, risalta in mezzo ai molti rottami di costruzioni elleniche e romaniche, e sul dinanzi del castello che è opera medievale, un grande pezzo di muro che il Lenormant che di seguito citiamo, dichiara di essere anteriore agli Elleni [8]:
«La costruttura di cotesta opera (egli dice) non è la isodoma ellenica, ma di un più antico sistema; sono blocchi di pietra, tagliati con cura sì, ma in poligoni irregolari, che dei loro spigoli si connettono gli uni negli altri, senza formare però, strati orizzontali. Fondata che fu Hiela dai Focesi nel 536 a.C., non si può ammettere che in quell’epoca gli Elleni abbiano tuttora adoperato un siffatto sistema di costruzione; è da credere invece che quella muraglia facesse parte di una fortezza anteriore allo stabilimento dei coloni focesi, e servisse a difesa di qualche borgata dei Pelasgi-Enotri» [9].
Le ricerche archeologiche degli anni 1960 a Velia hanno dimostrato, scoprendo in una zona a sud dell’agorà, la statua di un maestoso personaggio che l’epigrafe dedicatoria rivelò di essere un medico velino nonché, due erme pure dedicate a medici velini, una perfettamente conservata e l’altra mutila ma, ricostruibile a tre medici e i loro rispettivi figli, Eusino, Aristone e Jeronimo [10].
Questi ritrovamenti confermano l’ipotesi dell’esistenza a Velia di un Collegio medico e di una Scuola di medicina, nella prima età imperiale romana, filiazione di quella ionica-italiota degli Eleati che fu la continuazione o derivazione di quella Schola che nel primo Medioevo fece di Salerno una delle quattro più celebri città del mondo [11].
Esempi di questo Collegio medico dello stesso periodo lo possiamo riscontrare a Crotone che ebbe una scuola di medicina che fu famosa per tutto il mondo greco. Democede, crotoniate, fu medico o chirurgo di Dario in Persia, dove era stato portato come schiavo; e dove, venuto in corte e favorito a Dario, s’ingegnò di venirne via, e tornò avventurosamente a Crotone. Alcmeone, contemporaneo, ma più giovane di Pitagora, scrisse di discipline anatomiche e di fisica [12].
All’epoca di Pitagora Crotone si distingueva sulle altre città, dice il Grote, «per la superiorità dei suoi medici e chirurgi, e per l’eccellenza dello stato corporale dei suoi abitanti, attestato indirettamente dal numero dei vincitori rotoniati ai giuochi olimpici». E questa realtà, forse, influiva sull’altra: «poiché la terapeutica del tempo non tanto consisteva in rimedi attivi, quanto nel metodo di vita rigoroso, accurato: e i maestri degli atleti, nel costoro noviziato preparatorio, e i sorveglianti all’educazione dei giovani nei ginnasi pubblici, seguivano gli stessi principi, e applicavano le stesse conoscenze dei medici che curavano la salute. I medici della Magna Grecia (conchiude lo stesso dottissimo scrittore) si mantennero in credito come rivali delle scuole degli Asclepiadi di Coo e di Gnido, durante tutto il quinto e tutto il quarto secolo avanti Cristo» [13].
La conferma a Velia quindi di un collegio medico si può anche desumersi dalla presenza su alcuni didrammi velini del IV e III secolo a.C. [14] di un piccolo serpente avvolto su sé stesso e con testa eretta, il tipico simbolo di Asclepio e nell’attestazione del culto d’Igea a Velia.
Il ritrovamento di statue nella stessa zona, all’inizio degli edifici dove sono presenti varie colonne, che sicuramente sorreggevano un grande portico, fa presupporre che questa fosse la sede della scuola Eleatica [15].
Inoltre, alcune statue rappresentano delle figure femminili, forse da attribuirsi a sacerdotesse che ricordano per tipologia alla divina Igea, che era diventava esempio femminile, come nel rapporto maschile dei medici nella figura di Asclepio.
Ricordiamo che Igea deriva dal greco antico Υγιεία=che significa salute, rimedio, medicina ed era una figura mitologica greca, poi successivamente romana essendo figlia di Asclepio e di Epione ed diventa la dea della salute e dell’igiene. Essa veniva spesso invocata per prevenire le malattie e i danni fisici.
Igea nella mitologia romana veniva quindi considerata come Salus o Valetudo che erano sinonimi nella definizione latina di buona salute.
Su alcune dramme che furono ritrovate ad Velia si trova rappresentata la testa della ninfa con una civetta appoggiata su un ramo d’ulivo e questa unione rappresentava una specie di richiamo amichevole nei confronti della cultura di Atene che conferma come alcuni filosofi eleatici come Zenone e Parmenide fossero indicativamente filoateniesi [16].
Inoltre, Eracle, a Velia era venerato come il dio delle fonti e il culto di Asclepio fin dall’antichità spesso si confondeva con quello prestato da Eracle specialmente per le acque salutari di Velia, per questo su alcune monete ritrovate a Velia ci sono soggetti di tipo barbato che ricorderebbe che a Velia era molto presente la figura di Eracle.
Le fonti storiche citano che Senofane, partecipò alla nascita e fondazione di Velia nel 540 a.C., mentre il nome di Elia come cittadina comparve susseguentemente con Platone, il quale, ebbe come maestro Parmenide (ca. 515-540 a.C.), che aveva creato a Velia la tribù eleatica (Eleaticonèthnos) [17].
Infatti, il Parmenide di Platone narra proprio, il dialogo mai avvenuto, tra gli eleati, Parmenide e Zenone, ad Atene nelle grandi occasioni che permettevano le Grandi Panatenee [18], e il giovane Socrate (470-399 a.C.) [19].
Digene Laerzio e Plutarco accennano alla forte costituzione interna di Velia, dovuta alle savie leggi date ad esse dal suo illustre figlio Parmenide, costituzione aristocratica, sebbene di forma assai temperata e tale da stare di mezzo fra la oligarchia e il governo popolare [20]
Bisogna anche evidenziare che in Grecia Alcmeone (campo psico-fisiologico), Diogene di Apollonia (sistema venoso), Empedocle (psicologia, respirazione, apparato uditivo) erano nello stesso tempo filosofi e medici e il nome comune di Oulische precede il patronimico, contraddistingue anche i tre medici velini (figli, rispettivamente, di Eusino, Aristonee Jeronimo) [21].
Tra i ritrovamenti archeologici ritrovati a Velia si mette in luce una statua virile, di un personaggio di olimpica dignità, che l’iscrizione dedicatoria posta sulla base rivela come un medico di Velia (yeletesiatros) e “capo della scuola” (pholarchos). Incoronato d’alloro ed avvolto in una ricca toga che sul davanti, per il lembo sostenuto dal braccio sinistro, forma un arco di pieghe di cui alcune sono strette, sul petto, al suo anulare spicca uno splendido anello. La toga scende sul ginocchio destro leggermente ripiegato, quasi nell’atto del cammino e la dedica sottostante come medico eleate così recita: Oulis, figlio di Eusino medico caposcuola di Elea [22]
Questa statua richiama un’altra eretta a Roma dedicata ad Antonio Musa [23], il famoso medico che aveva fatto guarire Augusto con i bagni freddi ed al quale era stato concesso l’ambito privilegio, pur essendo liberto di portare l’anello d’oro. Il noto medico romano continuò a prescrivere ai suoi illustri infermi le celebrate acque di Velia dando e ridando alla cittadina lo splendore di un tempo.
Inoltre, gli scavi mostrarono come nell’area del noto boschetto sacro esistevano alcuni templi per il culto del dio, confermando l’induzione che è stata confermata dal ritrovamento di un’erma dedicata a Parmenide in ricordo del grande Eleate, che i frammenti ci rivelano fisico, ma anche fisiologo e perciò anche medico [24].
La conferma del riconoscimento di Parmenide come medico ce lo dà anche Hunayn, medico arabo, vissuto nel IX-X sec. d. C., del quale si ricorda con più certezza la morte avvenuta nel 910, fu traduttore di un’opera di medicina perduta di Giovanni Alessandrino; compose una cronologia di medici illustri dell’antichità, nella quale afferma: “Fino all’apparizione di Galeno, ultimo medico, ve ne furono otto: Asclepio primo, Gurus, Minos, Parmenide di Elea, Platone medico, Asclepio secondo, Ippocrate, Galeno”. Asclepio primo forse era una figura leggendaria; Gurus apparteneva alla Scuola Cirenaica; Minos, forse, identificabile con Menes faraone e legato alla medicina egizia; Asclepio secondo, forse, identificabile con il dio greco Asclepio”. Negli anni 1048-1049, Al Mubashir, erudito assiro-egiziano, compilò un’antologia medica, intitolata Massime e Aurei Detti, con una biografia del medico Galeno, uno degli otto medici antichi. L’autore tiene davanti le ricerche di Hunayn dalle quali prende l’avvio e classifica Parmenide come quarto medico illustre del mondo antico e così si esprime: “Apparve Parmenide medico che disprezzava la sola esperienza, affermando che da essa proveniva l’errore; pertanto, egli si basava soltanto sulla ragione; lasciò dopo di sé tre discepoli che, in disaccordo tra di loro, scissero la Scuola Medica in tre correnti: – la prima si basava esclusivamente sull’esperienza; – la seconda soltanto sulla ragione; – la terza sulle astuzie, incantesimi ed altre superstizioni” [25].
Infatti alla statua di Parmenide (515 a. C. -450 a. C.) c’è l’iscrizione di oulìadee fisico (filosofo e medico), questo perché Ouliàdes deriva da oùlos, per cui ouliàdes fiusikòs potrebbe indicare il filosofo naturalista che aveva affermato l’essere come oùlon“ un tutto nella sua struttura, “un tutto nella sua natura”, “indagatore della natura nelle sue energie segrete che impiega anche per guarire” [26], che spiega anche l’oulis delle altre stele, e cioè il netto riferimento ad Apollo oulios, medico, soprattutto dell’anima, perché i mali fisici degli uomini Apollo li alleviava attraverso Asklepios, che il mito volle suo figlio, ed al quale ispirava famosi precetti d’arte salutare. Quindi il comune nome Oùlis degli iatròi velini sarebbe la spiegazione della designazione della scuola eleate [27].
Quindi Oùlos applicato alla medicina, può fare dell’Eleateun il precursore di Ippocrate (V sec. a. C.) che studiò, per l’appunto, l’uomo nella sua totalità: corpo + anima + ambiente senza separarne gli elementi (per il quale fiùsis indicava anche la costituzione, il temperamento, ed anche la crescita e lo sviluppo), il che porterebbe alla possibilità di attribuire a Parmenide il titolo non solo di filosofo ma di fisicoma cioè di filosofo medico [28].
D’altronde la radice oùl di oulè indica cicatrice, ferita e avrebbe in sé il significato di “guaritore delle ferite” [29].
Nel nome assunto da coloro che per diritto (stirpe) o privilegio (carica) furono i capi della Scuola medica di Velia è possibile scorgere soltanto il riferimento ad Apollo medico soprattutto dell’anima perché i mali fisici degli uomini Apollo li allievava attraverso Asclepio [30], che il mito volle suo figlio ed al quale si ispirò rinomati precetti d’arte salutare.
Che il culto di Apollo fiorisse a Velia è indubbio anche perché si riconosce dal tripode sulle monete ritrovate e per i marchi impressi sugl’inconfondibili rossi plinti velini. E ci sono anche diverse iscrizioni che mostrano quanto fiorente fosse il culto di Asclepio [31] in Magna Grecia, senza dire che questo culto fiorì in Italia settentrionale, Sicilia e Sardegna, fiorendo poi straordinariamente a Roma nella famiglia Giulia, culto che nell’età di Augusto subiva le note trasformazioni come è notizia in Servio e Dione, nonché nel calendario di Amiterno ed Anziate.
Qui a Velia come ovunque i seguaci di Asclepio solevano per antica consuetudine riunirsi in circoli ristretti per cui è da presumere che a Velia i medici si fossero avvalsi dell’esistente eterìa, l’associazione sodale di tipo pitagorico che esisteva a Velia già verso la fine del VI secolo a.C. e che radunava nel suo seno gli eletti del pensiero anche di sesso femminile, assurta poi per il sacrificio di Zenone a fulgente simbolo di libertà [32].
I seguaci di Esculapio solevano, per antica consuetudine, riunirsi in circoli ristretti, a volte vere e proprie sette; è da presumere che a Velia i medici si fossero avvalsi dell’esistente eterìa, l’associazione sodale di tipo pitagorico, documentata nel 325 a. C. ma da ammettersi già alla fine del VIsec. a. C., quando giunse a Velia, dopo la rivolta ciloniana, Aminia, dal quale Parmenide apprendeva le proprie dottrine [33].
Nell’Asclepièion, cioè il Santuario velino, i medici però non dovettero limitarsi alle comuni pratiche magiche [34] per un immediato fine curativo; a Velia in Lucania quei nobili discendenti degli Eleati dovevano fare di più, e fecero infatti di più.
Indagarono sulle energie segrete ed infere della natura, ne stabilirono i benefici effetti sulla vita umana, riunirono i frutti delle loro esperienze in preziose norme, ridiedero a Velia le antiche fortune.
E non meraviglia, anche perché Velia era uno dei soggiorni più ameni e preferiti fra le città italiote, per virtù delle sue pressoché costanti pressioni atmosferiche, temperatura ed umidità, per la sua particolare ricchezza di giornate assolate, sempre temperate dalle fresche brezze montane anche nelle deprimenti calure estive, per l’incanto di un cielo sempre azzurro, per la cornice montana , con la sua inimitabile sinfonia di verde, per le meraviglie del liscio cangiante mare, per l’esistenza di limpide fonti termali, caratteristiche tutte che inducevano poi i medici romani a consigliare ai loro pazienti lunghi soggiorni nella bella città tirrena.
Paolo Emilio, affetto da lungo e inguaribile morbo dietro suggerimento dei medici dell’Urbe, si trasferì per cure a Velia, attrattavi forse anche dal fascino che esercitava su di lui la cultura ellenica.
A Velia si tratteneva chiunque si recasse in Sicilia. Vi dimorò Cicerone nella casa di Talna, più di sovente nell’avita di Trebazio, poi consigliere ed intimo di Augusto.
Nella città si trattenne anche Bruto con la moglie Porzia e per consiglio proprio di Antonio Musa, lo stesso Orazio [35].
Per cui si assume anche l’ipotesi di un eventuale soggiorno dell’imperatore a Velia e ciò specialmente dopo la malattia di Augusto della cui famiglia sono apparsi a Velia numerosi riattratti di squisita fattura.
Un altro luogo vicino a Velia sempre in Lucania, dove erano presenti figure di medici era la antica Paestum, infatti, gli abitanti e i medici di Velia avevano notevoli rapporti e convivenze con la vicina Paestum dove i seguaci di Esculapio solevano, per antica consuetudine, riunirsi in circoli ristretti, a volte vere e proprie sette; è da presumere che a Velia i medici si fossero avvalsi dell’esistente eterìa, l’associazione sodale di tipo pitagorico, documentata nel 325 a.C. [36]
Inoltre, a Paestum si è ritrovato un cofanetto del chirurgo, tre placchette di terracotta rinvenute all’interno delle mura di Paestum nel secolo scorso, sono simili a quelle rinvenute in loc. Montrone di Oppido Lucano (PZ), che sono state interpretate come etichette di contenitori di strumenti chirurgici [37].
Sulla faccia di una di esse si è individuato il disegno di un occhio e di una frusta; al rovescio l’iscrizione greca graffita in lettere minuscole oftàlmos/mastix: è da considerare che quest’ultimo termine (frusta) ha anche il significato di “malattia”; su un’altra è l’iscrizione greca graffita, sempre in lettere minuscole KERNE /I/ OBOLAI, forse “recipiente per spilloni”, che ritroviamo nell’esempio di Paestum, oltre che un disegno che sembra raffigurare un “alambicco” che sicuramente serviva a distillare tisane fatte con erbe medicinali.
Su quest’ultime la tradizione dell’ars paestana in Valafrido Strabone (IX sec. d.C.) [38] riporta una importante testimonianza su Paestum è quella di Valafrido Strabone (808-849 d. C.), detto anche StraboGalus, dotto monaco di Fulda, studioso di lettere latine e greche, allievo di Rabano Mauro ed accolto alla corte carolingia (precettore di Carlo, figlio di Ludovico il Pio), autore di commenti alla Bibbia e di varia Carmina. In uno di questi, il Liberde cultura hortorum, noto anche come Hortulus, di 444 versi, si fa riferimento ad un’ars pestana come arte di coltivazione delle erbe medicinali: “Poiché sono numerose le occupazioni di una vita tranquilla / non è senza importanza se colui che si è dedicato all’arte pestana/ sappia come trattare le attività dell’osceno Priapo”, che proteggeva, appunto, gli orti.(Gregorio IV e RabanoMauro). Le piante medicinali di Paestum nel IX secolo vengono nominati anche da Virgilio che li cita nelle Georgiche (IV., 116) “i roseti della bifera Paestum” [39], in questo caso si descrivono dal monaco i terreni e i lavori agricoli necessari alla coltivazione di 23 piante medicinali (salvia, ruta, abrotanum, cucurbita, pepones, absinthium, marrubium, foeniculum, gladiola, lybisticum, cerfolium, lilium, papaver, sclarega, menta, puleium, apium, vettonica, agrimonia, ambrosis, nepeta, rafanum, rosa), appartenenti alla materia medica greco-romana [40].
Appare probabile che Valafrido avesse a sua disposizione antichi testi in cui l’ars Pestana, associava lo studio e la piantagione delle erbe medicinali a Paestum e al suo territorio.
Il glossatore di Valafrido Strabone, di poco posteriore, definisce Paestum “città della Campania ove abbondano i medici” [41] ed ars pestana significava arte medica. Se si vuol riferire la glossa a Salerno e non a Paestum che non è città della Campania ma della Lucania, sarebbe una delle più antiche testimonianze della Scuola medica Salernitana, preannunciata probabilmente da una scuola medica di epoca romana e che aveva donato agli stessi medici di Elea le conoscenze e le misure per utilizzare le varie erbe mediche in modo officinale [42].
Si può quindi concludere che ci sia stato un ipotetico collegamento tra la Scuola di medicina di Elea-Velia, e la Scuola Medica Salernitana anche attraverso la mediazione di Poseidonia-Paestum attraverso le sue conoscenze delle erbe medicinali e non ultima la presenza bizantina a Salerno tra la fine della guerra gotica e la conquista longobarda inoltre bisogna considerare anche e non ultima, l’influenza della cultura medica greca anche attraverso l’elaborazione e soprattutto la mediazione della scuola iatrosofistica di Alessandria, prima, e della Sicilia e della Calabria, poi, regioni nelle quali la grecità sopravvisse più a lungo anche aiutata dai porti della costa del tirreno che oltre a portare merce e conoscenze dall’oriente portavano a Salerno una serie di contatti, interrelazioni, influenze, contaminazioni, che fecero di Salerno il terminale e il volano di una circolazione di saperi e di opere mediche, che produssero un’esperienza originale e multiculturale quale fu la sua ≪Scuola≫ medica [43].
Il passaggio conclusivo dei medici e della conoscenza medica di Velia a Salerno deve fare fede ad una serie di cataclismi che ha colpito la cittadina lucana. Bisogna evidenziare che sono varie le ipotesi di distruzione di questa città, sicuramente a causa di maremoti o cataclismi o una serie di terremoti che colpirono tutta la costa [44].
Rinvenimenti archeologici testimoniano che nel 361 d.C. un disastroso terremoto seguito da un maremoto devasta le città di Messina e Reggio Calabria, causando la scomparsa di numerosi centri abitati minori e una drastica diminuzione della popolazione della Sicilia nord-orientale e della Calabria meridionale e sicuramente avrà distrutto il porto e la cittadina di Velia, a seguire il 31 agosto dell’853 d.C. un grande terremoto della IX-X scala Mercalli finisce di distruggere Messina e le cittadine sulla costa calabra e tra queste anche Velia viene colpita duramente [45].
A seguire le incursioni barbariche che costrinsero chi era sopravvissuto a risalire le valli per più sicuri rifugi e indussero sicuramente gli ultimi abitanti e medici velini a trasferirsi in più grandi e munite, libere città e la più vicina ed ormai anche la più nota, era proprio Salerno ove si doveva perpetuarsi la tradizione umanistica, cioè filosofica e scientifica degli studi di medicina [46].
Quindi in questa città si riverberava come ipotesi più realistica così l’antico prestigio del collegio medico di Velia che a Salerno si chiamò collegio dei Maestri e che nell’ordinamento ripeté la genuina formula dell’eteria di Velia: una libera ed autonoma associazione di dotti.
Di qui i privilegi che fecero grande lo studio salernitano in piena autonomia e libertà e pretese che in ogni tempo la città curasse con attenzione e amore quei doni che furono indispensabili per il sereno esercizio dell’arte salutare, riconosciuti prima dai longobardi e poi dai normanni per la sua Schola nella certezza che quei doni fossero indispensabili per il sereno esercizio dell’arte salutare [47].
Ma il più grande merito di Salerno fu di aver saputo conservare nel tempo, l’essenza informativa dell’eteria velina.
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Bibliografia
[1] P. Oskar Kristeller, Studi sulla scuola medica salernitana, Istituto italiano Studi Filosofici, Napoli, 2020, pag.3
[2] Michele De Angelis, Le cento città d’Italia illustrate, Salerno prima capitale del mezzogiorno, Casa Editrice Sonzogno, Milano, 1925, Fascicolo 46, pag. 1.
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[5] Nicola Trozzi, La scuola medica salernitana, Carabba, Lanciano (CH), 2020, pag. 7.
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[7] Plinio, Hist. nat. III, 7. Contra Veliam Pontia et Iscia:utraeque uno nomine Oenotrides, argumentum possessae ab Oenotris Italiae. — Erodoto, lib. I, § 167.
[8] Giacomo Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, Antezza Tipografi, 1902, pag.64
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[15] Pizza V., C.Colucci d’Amato, La scuola medica Eleatica. Italian Journal of Neurological Sciences, Vol 22 (Suppl.), S599- 602; Syllabus, XXXII Congress of the Italian Neurological Society, 2002.
[16] A. Rizzo – Parmenide, PRO.SYS Editori, 1999, Ascea.
[17] Livio Rossetti, Parmenide e Zenone, sophoi ad Ela, Petite Plaisance, Pistoia, 2020, pag. 56.
[18] Le Panatenee rappresentavano la festa religiosa più importante di Atene, che aveva luogo alla fine di luglio, nel mese chiamato Ecatombeone; il momento culminante era rappresentato da una processione e da un sacrificio offerto dai demi della città, nel giorno che si riteneva corrispondere al compleanno di Athèna.
[19] Tonelli A., Le parole dei sapienti. Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso. Testo greco a fronte, Feltrinelli, Milano, 2010, pag. 45.
[20] Mario Fiore, L’antica Velia e la scuola eleatica, Scuola Tipografica dell’Istituto Provinciale “Apicella” per sordomuti, Molfetta, 1957, pag. 11.
[21] Francesco Gallo, I grandi medici calabresi da Alcmeone a Dulbecco. Nell’ambito della stori generale della medicina.Pellegrini, Cosenza, 2013, pag. 34.
[22] Antonio Capano, Da Velia a Salerno. Alle origini della Scuola Medica Salernitana, Associazione Ardorea, Salerno Porte Aperte, Salerno, 2014, pag. 12
[23] Antonius Musa. Liberto di Marco Antonio, passato al servizio di Augusto, nel 23 a.C. guarì quest’ultimo con I’idroterapia fredda e la lattuga, ottenendo un compenso di 400.000 sesterzi, it diritto a portare I ‘anello d’oro e una statua in Campidoglio accanto a quella di Esculapio (Plin. Nat. hist. 18.38.139; 19.38.128; 25.38.77;29.5.6; Dio Cass. 53.3O.3-4; Suet. Aug’ 59.1; 81.1; Ps.-Acro Schol. Hor. epist. 1.15.3), ma poco dopo, adottando gli stessi metodi, non riuscì a salvare C. Marcello (Dio Cass., loc. cit.). Curò pure Orazio (Hor. epist.1.15.2-5) da una malattia agli occhi. Cfr. Gabriele Marasco, I medici di corte nell’Impero Romano: Prosopografia e ruolo culturale, Firenze University Press, Firenze, 2015, pag. 247
[24] Nestor Luis Cordero et al. – Eleatica 2006: Parmenide scienziato? –a cura di – – Livio L.Rossetti e Flavia Marcucci, Academia Verlag Sankt Agustin– Pubblicazioni atti – a cura di Fondazione Alario per Elea-Velia Onlus et Comune Ascea ( Sa )
[25] Musitelli S., Da Parmenide a Galeno. Traduzioni Classiche e Interpretazioni Medievali nelle Biografie dei Grandi Medici Antichi, in Atti dell’Accademia dei Lincei, Memorie Morali, op. cit., s. VIII, vol. XXVIII, pagg. 214 – 276.
[26] E. Zeller – R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, vol I:III, Firenze, 1967 ( nella traduzione di R. Mondolfo )
[27] Pietro Ebner, Scuole di medicina a Velia e a Salerno, op. cit. , pag. 128.
[28] Atti del Convegno di filosofia e medicina, Ascea, 2004: Stelio Di Bello – Sulla sapienzialità medica di Parmenide.
[29] Kaba P., Sooriakumaran. The evolution of the doctor-patient relationship. Int. J. Surg 2007; 5: 57-65
[30] Asclepio, figlio di Apollo e di Coronide, fu educato dal Centauro Chirone. Era considerato l’inventore e il dio della medicina; poiché con la sua arte riusciva non solo a guarire i malati, ma perfino a risuscitare i morti, Ades si lamentò presso Zeus perché la popolazione del suo regno non aumentava. Zeus allora fulminò Asclepio, che dopo la morte ebbe onori divini. I Romani chiamarono questo dio Esculapio. Cfr. Acrosso P., D’Alesio C., Mondo Mitologico, Società editrice Dante Alighieri, 1979, Città di Castello, pag. 33.
[31] Corinna Zaffarana, Vittorio Zaffarana, Il bastone di Asclepio. L’antica medicina tra scienza e magia dalla Grecia arcaica alla Roma imperiale, Formamentis, Bolzano, 2021, pag. 21.
[32] “Discepolo e amico di Parmenide fu Zenone (490-430), pure nativo di Elea. Egli partecipò attivamente alla vita politica della sua città e, come narrano Dioegene Laerzio e Plutarco, congiurò contro il tiranno Demilo; scoperto, tenne di fronte a questo un eroico atteggiamento e subì un atroce supplizio. La sua opera è andata perduta e di lui non restano che pochi ragionamenti.” Cfr. Mario Fiore, L’antica Velia e la scuola eleatica, op. cit., pag. pag.22
[33] Atti del XXI Congresso Internazionale di Storia della Medicina, Siena, 1968 – La scuola di medicina di Velia ( n.1 );
[34] Eric R. Dodds – I Greci e l’irrazionale, Padova, Sansoni, 2003.
[35] A. Rizzo E. Rizzo – La Scuola Medica Eleatica e la Medicina nella civiltà contadina del Cilento –Ediz. Artemis, 2003, Ascea.
[36] Giuseppe Stifano, Leggende della terra di Velia e Paestum, Libreria Castellano Editrice, 1987.; Cfr. Montano Aniello, Le radici pitagoriche della Scuola Medica Salernitana. Il rapporto tra medicina e filosofia. Aniello Montano (Acerra, 1941 – 2015). Intervistato all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli nel dicembre del 2012, parla delle origini filosofiche della Scuola Medica Salernitana, che individua nella filosofia pitagorica. Montano riferisce di alcuni documenti, venuti fuori a seguito di scavi archeologici fatti ad Elea (Velia), che attestano una tradizione di una scuola medica velina, che sarebbe giunta nella colonia dei Focei da Crotone, dove si era sviluppata una cultura medica intorno alla scuola pitagorica e al medico Alcmeone. Questa cultura potrebbe essere arrivata ad Elea, dove il filosofo Parmenide sarebbe diventato il prosecutore di questa scuola. Lo storico dell’antichità Giovanni Pugliese Carratelli (Napoli, 1911 – Roma, 2010) nel 1963, nella rivista La parola del passato, considera il filosofo Parmenide capo di una scuola medica di ispirazione pitagorica, e la stessa tesi è sostenuta da Marcello Gigante e da Pietro Ebner. Nel I secolo a.C. il poeta romano Orazio parla anche di Salerno, oltre che di Velia, come sede di una scuola medica. Cassiodoro, che aveva fondato a Squillace in Calabria il Vivarium dove si studiava medicina, nel secondo decennio del VI secolo d.C. diventa governatore della Lucania e del Bruzio che ha la sua sede a Salerno, il che potrebbe far pensare che quella medicina greca, che era stata assorbita all’interno di questa esperienza di Vivarium calabrese, sia passata a Salerno nel VI secolo.
[37] Gabriel Zuchtriegel, Paestum. I luoghi dell’archeologia, Carocci, Roma, 2022, pag. 25.
[38] Strabone, VI, 395.
[39] Franca Vittoria Bessi, Marina Clauser, Le rose in fila. Rose selvatiche e coltivate: una storia che parte da lontano, Firenze University Press, Firenze, 2018, pag. 71.
[40] Antonio Capano, Da Velia a Salerno. Alle origini della Scuola Medica Salernitana, Associazione Ardorea, Salerno Porte Aperte, Salerno, 2014, pag. 12
[41] Giacomo Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, Antezza Tipografi, 1902, pag.38.
[42] Francesco Vitale, Astronomia ed esoterismo nell’antica Pompei e ricerche archeoastronomiche a Paestum, Cuma, Velia, Metaponto, Crotone, Locri e Vibo Valentia, Cleup, Padova, 2000.
[43] P. Ebner, Studi sul Cilento, I, Centro di promozione culturale per il Cilento, Acciaroli 1996, 93-110; e P. Cantalupo, “Tradizioni mediche nei territori di Velia, Paestum e Salerno”, Annali storici di Principato Citra 2/1 (2004) 10-65; H. Solin, “Was there a Medical School at Salerno in Roman Times?”, European Review 20 (2012) 526-533.; L. Vecchio, “Medici e medicine ad Elea-Velia. Le nuove ricerche”, in G. Greco (a c.), Elea-Velia. Le nuove ricerche. Atti del Convegno di studi (Napoli, 14 dicembre 2001), Naus, Pozzuoli 2003, 237-269; e, dello
stesso autore, “Velia”, in Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, XXI. Siti, Torre Castelluccia-Zambrone, Scuola Normale Superiore di Pisa et al., Pisa et al. 2012, 588-719, particolarmente 595.
[44] Giacomo Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, op. cit., pag.778.
[45] Luciano Meligrana, Vito Teti, La Calabria e i terremoti, Falzea, Milano, 2008.
[46] Giacomo Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, op. cit., pag.118.
[47] “Perché i Maestri della Scuola Medica Salernitana hanno il sommo merito di aver visto chiara la funzione essenziale del medico: prevenire i mali, più che curarli. E si nota questo filo conduttore che costituisce come le fondamenta più solide di tutto il corpo d ’insegnamento della Scuola, il quale ha vinto i secoli e non si è fatto vincere dalle scoperte della era pasteuriana pur in anticipo su questa di circa 1000 anni.” Cfr. G. Del Vecchio, La scuola medica salernitana, Antesignana e viva Maestra d’Igiene, Istituto Sanatoriale Principi di Piemonte, Napoli, Vol. VI, 1951, pag. 4.
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IT – Pubblicazione N° 01 del 20/06/2024
The Mediterranean Journal of Surgery, Medicine and Forensic Sciences
ISSN: xxxxxx
Ricevuto: 18/06/2024
Accettato: 20/06/2024
Pubblicato online il 20 GIUGNO 2024