Abstract
The article is an excerpt from the book “The Psychopathic Personality: Construct, Etiology, and Diagnosis,” published in 2023, focusing on the analysis and comparison of two significant personality disorders: psychopathy and pathological narcissism. Their prevalence in today’s society has become increasingly widespread, but the dark aspect characterizing these disorders is enormous because diagnosing them is a challenging task. While those affected often do not feel the need for clinical support, therapists or psychiatrists managing a psychopathic or narcissistic patient may find it difficult to recognize the respective disorders due to the subjects’ great capacity for simulation and dissimulation. The diagnostic boundary between the two disorders is quite subtle, considering the numerous commonalities they share: egocentrism, grandiose sense of self, lack of empathy, and affective shallowness foremost among them. Nevertheless, there are differences that should not escape the eyes of a specialist, demonstrating how psychopathy constitutes a sort of malignant drift from pathological narcisism.
Keyword : Psychopathic Personality, pathological narcisism
Introduzione.
Di difficile e controversa definizione il costrutto di Psicopatia ha visto, dal terzo secolo a.C. ad oggi, un’articolata e interessante evoluzione che ha coinvolto numerosi studiosi e clinici spesso in posizioni tra loro completamente contrapposte.
Il quantitativo di caratteristiche presenti, invero, nelle personalità psicopatiche e la stretta analogia con le peculiarità proprie di altri tipi di personalità, narcisistiche prima di tutto, il loro tipico camaleontismo, nonché la frequente comorbidità che si incontra in soggetti affetti da tale disturbo, ha sicuramente reso lo studio di questo argomento estremamente delicato.
Tant’è che il costrutto di psicopatia, benché supportato e validato da numerosi studi empirici e clinici, non trova ancora, ad oggi, uno spazio autonomo nei più importanti manuali diagnostici, quali il DSM-5 e l’ICD10, che lo assimilano ed equiparano rispettivamente al disturbo Antisociale e a quello Dissociale di personalità.
Tali costrutti presentano senz’altro delle analogie e delle connessioni con quello oggetto del nostro studio, ma i comportamenti di uno psicopatico possono essere molto più violenti e pericolosi di quelli di un soggetto antisociale o dissociale, solo molto meno facilmente intercettabili in quanto posti in essere il più delle volte con abile manipolazione e inganno.
Analoghe metodiche sono d’altro canto utilizzate anche dai soggetti affetti da narcisismo patologico, disturbo che invece è nosograficamente e inequivocabilmente contemplato sia dal DSM-5 che dall’ICD10, ma per quante similitudini possano sussistere tra uno psicopatico e un narcisista non sempre è facile capire quali siano le differenze.
La Psicopatia negli studi di Hare.
Il fatto che il costrutto di psicopatia sia stato fatto per molto tempo coincidere con quello antisociale, sia in ambito clinico che di ricerca, e non abbia ancora trovato ad oggi uno spazio autonomo sotto il profilo nosografico, si deve anche al fatto che sono mancati ricercatori appassionati e focalizzati in materia.
Uno dei pochi, ritenuto all’unanimità il vero e proprio padre della Psicopatia, è stato Robert D. Hare, psicologo canadese, noto per le sue ricerche nel campo della psicologia criminale ([1]).
Fu proprio il lavoro di Cleckley che contribuì a ispirare Robert D. Hare e che lo condusse a creare la Hare Psychopathy Checklist Revised (PCL – R), la scala più diffusa al mondo per la diagnosi della psicopatia e per la valutazione della pericolosità sociale e del rischio di recidiva nei contesti di ricerca, clinici e forensi.
Autore del saggio Without Conscience: The Disturbing World of the Psychopaths Among Us ([2]), Hare descrive gli psicopatici come predatori sociali estremamente pericolosi che hanno quale segno distintivo una totale mancanza di coscienza.
Pur consapevoli delle conseguenze delle loro azioni e conoscendo la differenza tra giusto e sbagliato, questi individui non possono fare a meno di incantare, mentire e manipolare gli altri.
Sia che si tratti di soggetti portati a delinquere o di soggetti che non presentino questa tendenza, tutti si caratterizzano per egocentrismo e mancanza totale di empatia, colpa o rimorso. Vedono gli altri come potenziali vittime e lasciano dietro di sé una scia di infelicità in coloro che hanno ceduto alle loro manipolazioni ingannevoli. Non consapevoli di avere problemi psicologici ed emotivi sono praticamente impossibili da trattare clinicamente.
Hare ha sottolineato che la Psicopatia, pur costituendo un importante predittore di condotte illegali, è qualcosa di diverso dal Disturbo Antisociale. Tra i due possono sussistere analogie ma la psicopatia si caratterizza per la totale mancanza di empatia ([3]) e la presenza di tratti di personalità precisi e non solo per la presenza di condotte devianti.
Mancano negli psicopatici quelle emozioni proprie di ogni essere umano quali la tenerezza e la pietà, ed è a causa di questo motivo che possono arrivare a mettere in atto condotte sadiche e perverse.
Purtuttavia, osserva l’Autore, non tutti gli psicopatici diventano delinquenti né, tanto meno, assassini ([4]).
Sotto il profilo cognitivo, a differenza degli psicotici, si tratta di persone perfettamente lucide, razionali e consapevoli. I loro comportamenti derivano da scelte esercitate liberamente.
Possono essere dotati di intelligenza superiore alla media, pur non essendo assolutamente capaci di immedesimarsi negli altri.
Si mostrano in molteplici occasioni loquaci e brillanti e manifestano in numerose circostanze un ego smisurato. Convinti, invero, di possedere le capacità per fare tutto quello che vogliono appaiono il più delle volte vanitosi, spacconi, arroganti e prepotenti.
Non conoscono il senso di colpa né tanto meno il rimorso. Possono compiere qualunque tipo di azione e deresponsabilizzarsi completamente. «…La mancanza di rimorso», scrive Hare, «è associata con una notevole capacità di razionalizzare il proprio comportamento e di minimizzare la responsabilità personale per azioni che provocano turbamento e disappunto alla famiglia, agli amici e a tutti coloro che rispettano le regole. Di solito hanno a portata di mano giustificazioni per il proprio comportamento e in alcuni casi negano addirittura che il fatto sia avvenuto…» ([5]).
Nelle relazioni con gli altri mentono, ingannano e manipolano sempre. Orientati all’ottenimento della soddisfazione, del piacere o del sollievo immediato, con le medesime modalità di neonati capricciosi, tendono a scattare per un nonnulla se provocati ma difficilmente perdono il controllo, essendo privi di quell’intensa attivazione emotiva che gli altri provano quando si arrabbiano.
Distaccati, freddi e privi di emozioni vere hanno un grande bisogno di spezzare la noia facendo cose eccitanti che provochino loro adrenalina.
Estremamente diffusi tra i cosiddetti colletti bianchi ([6]), molti psicopatici scelgono professioni che consentano loro, approfittando dei ruoli ricoperti, di manipolare e truffare gli altri in tutti i modi possibili e immaginabili.
Per fare ciò spesso la scelta verte su attività professionali nelle quali risulti facile simulare le abilità necessarie e apprendere il gergo specifico. «…Tanto meglio», sostiene l’Autore, «se la professione premia in particolare la capacità di persuadere o manipolare gli altri o di mentire con facilità. Dunque, per gli psicopatici, è facile spacciarsi per consulenti finanziari, sacerdoti, counselor e psicologi……» ([7]).
Ne esistono anche che si spacciano per medici arrivando addirittura a fare diagnosi, prescrivere medicine e fare interventi chirurgici.
Racconta, a tal proposito, Hare:
Dieci anni fa, a Vancouver, c’era un uomo che passava per chirurgo ortopedico. Per quasi un anno fece diverse operazioni, molte delle quali semplici, alcune più difficili. Conduceva uno stile di vita lussuoso e di alto profilo, e si dedicava anche ad attività di impegno sociale. Quando cominciarono a girare voci sulle relazioni sessuali che intratteneva con le pazienti, sulle procedure mediche che utilizzava e su diversi interventi eseguiti in modo approssimativo, l’uomo semplicemente scomparve, lasciandosi dietro l’imbarazzo della comunità medica e numerosi pazienti fisicamente ed emotivamente danneggiati. Alcuni anni dopo riapparve in Inghilterra, dove fu arrestato e incarcerato per essersi fatto passare per psichiatra. Al processo si apprese che in diverse occasioni aveva finto di essere un assistente sociale, un agente di polizia, un agente segreto e uno psicologo specializzato in problemi coniugali. Quando gli venne chiesto come fosse riuscito a calarsi in così tanti ruoli, rispose: “Ho letto molto” ([8]).
Chiunque può cadere nelle loro grinfie trattandosi di abili dissimulatori e quanto sono abili a fare una prima ottima impressione, tanto riescono a capovolgere le responsabilità e far passare le loro vittime per colpevoli.
Le loro strategie comunicative ambigue, contraddittorie e menzognere sono idonee a incantare chiunque e la loro capacità di individuare i punti deboli altrui e toccare i tasti giusti li rende particolarmente attraenti.
Nel mondo del lavoro riescono a diventare facilmente leader e a esercitare un carisma che li conduce a raggiungere in tempi rapidi posizioni di successo grazie anche al cosiddetto pelo sullo stomaco che ordinariamente li contraddistingue.
In ambito relazionale, vendendosi per quello che non sono e mostrando spesso la maschera degli empatici e premurosi verso gli altri riescono ad attirare simpatie e ad essere sempre al centro dell’attenzione.
Nel campo sentimentale sono dei dongiovanni che fanno in particolare cadere nella loro rete donne particolarmente materne, quelle che hanno un grande bisogno di dare e prendersi cura degli altri e che tendono a vederne sempre i lati buoni minimizzandone i difetti.
Un’altra categoria pericolosamente attratta dagli psicopatici è quella delle donne affette da Sindrome della Crocerossina ([9]) e/o da Dipendenza Affettiva ([10]), disturbi che hanno in comune il mettere sé stesse da parte per concentrare le proprie attenzioni sull’altro. Un altro che ordinariamente tende a prendere senza dare nulla, a sfruttare e approfittare della generosità e disponibilità altrui, a manipolare psicologicamente ed emotivamente le sventurate che incontra sulla propria strada depauperandole energeticamente e abbandonandole stremate a loro stesse.
Caratteristiche del disturbo narcisistico di personalità secondo il DSM-5.
Un disturbo particolarmente interessante per le caratteristiche che lo accomunano alla psicopatia, anch’esso appartenente al Cluster B del DSM-5, è il Disturbo Narcisistico di Personalità.
Secondo l’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali ([11])il Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP) sarebbe caratterizzato da tre aspetti principali: la grandiosità, la necessità di ammirazione e la mancanza di empatia. Nello specifico, per fare diagnosi di questo disturbo ([12]) devono essere presenti almeno cinque o più delle seguenti caratteristiche:
1. Ha un senso grandioso di importanza (esagera risultati e talenti, si aspetta di essere considerato superiore senza un’adeguata motivazione ecc.).
2. È assorbito da fantasie di successo, potere, fascino, bellezza illimitati o di amore ideale.
3. Crede di essere “speciale” e unico e di poter essere capito solo da, o di dover frequentare, altre persone (o istituzioni) speciali o di classe sociale elevata.
4. Richiede eccessiva ammirazione.
5. Ha un senso di diritto,cioè l’irragionevole aspettativa di speciali trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative.
6. Sfrutta i rapporti interpersonali (cioè, approfitta delle altre persone per i propri scopi).
7. Manca di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri.
8. È spesso invidioso degli altri, e crede che gli altri lo invidino.
9. Mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti e presuntosi.
Un elemento diagnostico ulteriore è l’abuso di sostanze (es. alcool, tabacco, cocaina), che rappresenta un tentativo disfunzionale di curare l’inquietudine, l’irrequietezza e il mal di vivere costanti, tipici di questa patologia ([13]).
Per rappresentare un vero e proprio disturbo di personalità queste caratteristiche, come per gli altri disturbi di personalità, devono essere continuative (il pattern deve essere stabile e di lunga durata), pervasive (cioè, irriducibili e presenti in svariati contesti, non solo in una specifica situazione) e patologiche (causa di evidente disagio o compromissione del funzionamento).
Il DNP tende ad esordire nel corso della tarda adolescenza, o nella prima età adulta, ma ad ogni modo non tutti gli adolescenti con tratti narcisistici di personalità (piuttosto comuni in questa fascia di età) svilupperanno un vero disturbo.
Il tratto di maggior rilievo è rappresentato da un senso grandioso della propria importanza, manifestato il più delle volte con arroganza e presunzione, e che nasconde il tormentoso dubbio di una reale mancanza di valore. Da qui il costante bisogno di riconoscimento e ammirazione da parte di chiunque, anche se poi, in realtà il narcisista è molto classista e pensa di dover frequentare principalmente persone di alto livello, lignaggio, appartenenti ad ambienti elitari e ceti privilegiati.
La continua ricerca di rassicurazioni serve principalmente a mantenere pericolosamente in bilico un’autostima estremamente labile che è destinata a crollare in mancanza di ripetute rassicurazioni esterne.
Manipolazione e menzogna possono divenire strumenti ordinari al servizio di questa esigenza e stanno alla base delle difficoltà gravi nei rapporti interpersonali.
La mancanza di empatia impedisce completamente ai narcisisti di comprendere gli stati d’animo degli altri ed è perfettamente in linea con la loro difficoltà a percepire l’alterità, l’altro, il diverso da sé. Le relazioni con soggetti affetti da questo disturbo possono “funzionare” fintanto che si viene percepiti e vissuti come propaggini, poi sopraggiungono, inevitabili, i conflitti.
I vissuti emotivi nei confronti degli altri oscillano, dunque, tra gli estremi dell’idealizzazione e della svalutazione con conseguenze psicologiche a volte tragiche per chi si relaziona in maniera significativa con loro.
I sentimenti di umiliazione, rabbia e vergogna di fronte a critiche o giudizi non corrispondenti alle aspettative sono frequenti, così come è frequente l’invidia nei confronti degli altri e di quello che sono o che possiedono.
Molti importanti Autori ([14]), negli anni, hanno elaborato diverse e affascinanti teorie in ambito psicanalitico riguardo al narcisismo come manifestazione patologica o sana dell’amore di Sé e delle relazioni con l’altro e, negli ultimi vent’anni, interessanti ricerche cliniche, teoriche ed empiriche hanno condotto a un’estensione del costrutto.
Fu Paul M. Wink ([15]) che cristallizzò un approccio binario del disturbo di personalità sulla falsariga di alcuni suoi colleghi ([16]), distinguendo tra narcisismo overt e narcisismo covert.
Il primo è quello contemplato nel DSM-5 e descritto finora: arrogante, egocentrico, sprezzante e svalutante nei confronti dell’altro con tendenza a dominare, tratti aggressivi e prepotenza esplicita. Nelle sue relazioni prevalgono sfruttamento e anaffettività.
Il covert molto più difficile da identificare in quanto ordinariamente privo di quella fastidiosa supponenza tipica dell’overt è, al suo contrario, schivo, timido, ipercritico e vigile. Nelle sue relazioni prevalgono la componente ansiosa e il timore dell’abbandono.
A proposito di quest’ultima tipologia Alexander Lowen ([17]) così descriveva un suo paziente:
Non c’era niente in lui che facesse pensare a un disturbo narcisistico: non aveva un atteggiamento di superiorità né pareva compreso del suo aspetto. Ma qualcosa dei suoi modi m’indusse ad indagare sull’immagine che aveva di sé stesso. Gli chiesi di descriversi e Richard disse: ‘Mi sento forte, energico, in gamba. Mi sento più intelligente e più preparato degli altri, e tutti lo dovrebbero riconoscere. Ma mi tiro indietro. Sono nato per essere in prima fila: sono nato re, superiore a tutti gli altri. La penso così anche per quello che riguarda il sesso. Mi dovrebbe essere offerto, le donne dovrebbero provvedere ai miei bisogni; invece, mi comporto all’opposto. Mi tiro indietro ([18]).
In entrambi i casi (overt e covert) si tratta di persone agite da costanti fantasie di invidia, grandezza e riscatto, che hanno un grande bisogno di conferme e ammirazione costanti e si relazionano con l’altro con l’aspettativa che tutto sia loro dovuto, ricorrendo a manipolazione, sfruttamento, reificazione dell’altro, atteggiamenti arroganti di sopraffazione e controllo, irritabilità e difficoltà a controllare gli impulsi, la rabbia e la frustrazione ([19]).
Tipologia integralmente ignorata, la covert, prima del DSM-5, viene trasversalmente da questo presa in considerazione. Come abbiamo visto nel precedente capitolo, la sezione III della versione recente del Manuale affianca un modello alternativo di diagnosi, basato su un approccio ibrido dimensionale-categoriale che consente una valutazione del livello di compromissione del funzionamento della personalità, oltre la valutazione dei tratti caratteristici dei disturbi.
All’interno di questo modello si identificano i tratti di personalità in un continuum che va dalla normalità alla patologia sulla base di due criteri generali: Funzionamento della personalità (funzionamento del sé e interpersonale) e Tratti di personalità (25 tratti divisi in 5 domini: Affettività Negativa, Distacco, Antagonismo, Disinibizione, Psicoticismo).
La diagnosi con il modello alternativo, rispetto a quella fatta con i criteri del DSM, include l’impoverimento di sé ed interpersonale e specifica che la grandiosità può essere cronica sia covert che overt, oppure oscillante tra stati grandiosi e vulnerabili; questa differenziazione rappresenta in maniera più fedele la variabilità del narcisismo nella pratica clinica ([20]). Il modello alternativo allarga, dunque, la concezione clinica del disturbo narcisistico, comprendendo anche le dimensioni di fragilità non evidenti nel modello tradizionale del DSM.
Theodor Millon ([21]), pioniere degli studi sui disturbi di personalità, ha sostenuto che più che di personalità narcisista bisognerebbe parlare di “gruppo di personalità narcisistiche” ([22]) e invita a distinguere tra:
1. Personalità narcisistiche normali
Caratterizzate da particolare sicurezza in sé e competitività, audacia e capacità persuasiva. Si entra nella patologia laddove inizi a venire meno l’empatia ([23]). La persona diviene, allora, insensibile nei confronti delle esigenze altrui con generale tendenza allo sfruttamento e alla mancanza di reciprocità.
2. Personalità narcisistiche senza scrupoli
Particolarmente sprezzanti e indifferenti nei confronti degli altri, spesso hanno modi di fare fraudolenti e intimidatori. Prive di scrupoli epronte a tutto pur di ottenere quello che vogliono attraverso l’inganno e la manipolazione, sono persone amorali e prive di coscienza sociale e sensi di colpa; si avvicinano sotto molti aspetti ai soggetti antisociali.
3. Personalità narcisistiche appassionate
A orientamento seduttivo ed erotico rafforzano il proprio valore personale attirando persone di entrambi i sessi. Seducono, incantano e provocano sessualmente senza però riuscire a coinvolgersi in un rapporto veramente intimo. Passano da un rapporto all’altro con indifferenza.
4. Personalità narcisistiche compensatorie
Hanno un senso del proprio valore molto labile e cercano di riempire il vuoto che avvertono creandosi un’illusione di superiorità e costruendosi un’immagine di elevato valore personale. Estremamente attenti al modo in cui gli altri reagiscono, sono vulnerabili a qualunque segnale di disapprovazione altrui e vivono una spiccata ansia sociale.
5. Personalità narcisistiche elitarie
La maggior parte di quello che fanno è finalizzato a convincere gli altri di essere persone speciali, senza impegnarsi per ottenere qualifiche e meriti o realizzare obiettivi concreti. Alla ricerca spasmodica di fama e visibilità, vantano successi reali o immaginari in qualunque attività che li riguardi.
6. Personalità narcisistiche fanatiche
Arroganti, sprezzanti e avidi tendono a sfruttare parassitariamente gli altri per il loro tornaconto. Spaventati all’idea di risultare insignificanti, millantano un’immagine di sé molto lontana dalla verità, atta a supplire la realtà oggettiva.
2.2 Punti in comune e differenze tra disturbo narcisistico e disturbo psicopatico.
Vari sono gli Autori ([24]) che hanno evidenziato la sovrapposizione tra narcisismo e psicopatia a livello descrittivo.
Il confine diagnostico tra disturbo narcisistico e disturbo psicopatico di personalità è, in effetti, estremamente sottile, considerati i numerosi punti in comune che possiedono.
Si potrebbe reputare la psicopatia come la forma più estrema e distruttiva del narcisismo patologico se consideriamo che i tratti contemplati nel DSM-5 per il narcisismo si attagliano perfettamente a qualunque genere di soggetto psicopatico.
Egocentrismo e senso grandioso del sé riguardano entrambi i disturbi anche se tali aspetti svolgono funzioni diverse: riparatrici del Sé per il narcisista, predatorie e manipolatorie a fini personali per lo psicopatico ([25]).
Non che il narcisista patologico non sia un soggetto manipolatore sotto il profilo relazionale, solo che la sua tendenza a manipolare pare essere maggiormente finalizzata a ottenere consenso, accettazione e ammirazione da parte degli altri.
Allo psicopatico consenso e accettazione interessano poco essendo maggiormente concentrato sul controllo/dominio della relazione (di qualunque contesto si tratti).
Un profiling molto interessante del manipolatore relazionale tipico l’ha fatto Isabelle Nazare Aga ([26]) individuando trenta punti utili a riconoscerlo ([27]):
1. Colpevolizza gli altri in nome del legame familiare, dell’amicizia, dell’amore, della coscienza professionale, ecc.
2. Trasferisce la propria responsabilità sugli altri o si dimette dalle proprie responsabilità.
3. Non comunica chiaramente le proprie richieste, esigenze, sentimenti e opinioni.
4. Risponde molto spesso in modo vago.
5. Cambia opinione, comportamento, sentimento a seconda delle persone o delle situazioni.
6. Invoca ragioni logiche per dissimulare le proprie richieste.
7. Fa credere agli altri che devono essere perfetti, che non devono mai cambiare idea, che devono sapere tutto e rispondere immediatamente alle richieste e alle domande.
8. Mette in dubbio le qualità, la competenza, la personalità degli altri: critica senza darlo a vedere, umilia e giudica.
9. Comunica i propri messaggi tramite altre persone o attraverso intermediari.
10. Semina zizzania e crea sospetti, divide per regnare meglio e può provocare la rottura di una coppia.
11. E’ capace di fare la vittima per farsi commiserare.
12. Ignora le richieste (anche se dice di prenderle in considerazione).
13. Usa i principi morali degli altri per assecondare i propri bisogni.
14. Minaccia in modo velato o ricatta apertamente.
15. Cambia improvvisamente discorso durante una conversazione.
16. Cerca di evitare o di allontanarsi da un appuntamento o da una riunione.
17. Scommette sull’ignoranza degli altri e fa credere alla propria superiorità.
18. Mente.
19. Predica il falso per sapere il vero.
20. È egocentrico.
21. Può essere geloso, anche se è un genitore o un familiare.
22. Non sopporta le critiche e nega le evidenze.
23.Non tiene conto dei diritti, delle esigenze e dei desideri degli altri.
24. Aspetta molto spesso l’ultimo momento per esprimere pretese, dare ordini, o far fare qualcosa agli altri.
25. I suoi discorsi sembrano logici e coerenti mentre i suoi atteggiamenti, le sue azioni o il suo stile di vita rispondono allo schema contrario.
26. Si serve dei complimenti per piacerci, fa regali o ci riempie di premure.
27.Produce uno stato di disagio o un senso di mancanza di libertà (trappola).
28. È perfettamente efficiente per raggiungere i propri obiettivi a spese altrui.
29. Ci fa fare cose che probabilmente non avremmo fatto di nostra spontanea volontà.
30. È costantemente oggetto di discussione tra le persone che lo conoscono, anche se non è presente.
In presenza di almeno dieci di queste caratteristiche si ha di fronte un manipolatore relazionale e più aumentano gli indicatori più sale il livello di pericolosità del soggetto e di probabilità di essere di fronte a un disturbo narcisistico o psicopatico di personalità, aggiungo io, posto che questi punti riassumono il modus operandi tipico di molti soggetti affetti dai due disturbi.
Attraverso la manipolazione relazionale sia il soggetto narcisista che lo psicopatico reificano le persone nelle quali si imbattono, o che scelgono di predare, trattandole come veri e propri oggetti, strumentali alla soddisfazione dei propri bisogni.
Presentandosi, in fase iniziale, in maniera differente da come sono in realtà, avvicinano le vittime che scelgono adottando un mimetismo funzionale agli obiettivi che, di volta in volta, si prefiggono approfittando anche di quel superficiale fascino che la maggior parte di loro possiede.
Questo mimetismo serve loro ad agganciare la preda nascondendo la loro reale natura che potrà emergere solo in un secondo tempo, a obiettivo raggiunto o a rifornimento energetico avvenuto ([28]).
A quel punto possono gettare la maschera e rivelare la loro vera essenza di individui freddi, rabbiosi, ostili, sprezzanti, svalutanti e profondamente invidiosi.
Anche l’invidia è, invero, presente nei due disturbi di personalità e sta alla base di molti dei comportamenti di narcisisti e psicopatici.
Covano rabbia, non sopportano e vorrebbero annientare o vedere annientato chi possiede più di loro e mal tollerano, in particolar modo, l’empatia e l’affettività delle persone positive e solari che li avvicinano e ne sono spesso tragicamente attratte.
Essendo entrambi i disturbi polarizzati su una visione del Sé completamente auto riferita, in cui l’altro non viene mai riconosciuto come un oggetto autonomo, non esiste capacità di riconoscenza e gratitudine che implicherebbero il riconoscimento di un bisogno affettivo.
Al contrario, per quanto un narcisista o uno psicopatico possano ricevere da un soggetto, cercheranno di farlo sentire sistematicamente in costante difetto, detestando in primis la generosità e la capacità di donare e donarsi altrui.
In cosa differiscono, allora, i due disturbi, posto che a livello diagnostico sono descritti e trattati diversamente? Lo spiega bene Meloy ([29]):
L’organizzazione di personalità psicopatica, come variante dell’organizzazione di personalità narcisistica, si distingue da quest’ultima per le seguenti caratteristiche:
1. La predominanza di derivati di una pulsione aggressiva e la gratificazione dell’aggressività come unico modo significativo per relazionarsi agli altri.
2. L’assenza di modalità maggiormente passive e indipendenti di riparazione narcisistica.
3. La presenza di un comportamento sadico o crudele, derivato dall’attivazione di introietti persecutori primitivi, oppure “precursori sadici del Super – Io” (Kernberg 1984, p.281).
4. La presenza di un ideale dell’Io maligno con radici evolutive in un oggetto genitoriale primario aggressivo.
5. L’assenza del desiderio di giustificare moralmente il proprio comportamento, che implicherebbe la presenza di precursori del Super- Io di un ideale dell’Io socialmente più accettabile.
6. La presenza sia di temi anali-eliminativi che fallico-esibizionistici in cicli interpersonali ripetitivi di conflitto degli obiettivi con gli altri, l’intento di ingannare, lo svolgimento dell’atto ingannevole, e la gioia sprezzante nel momento in cui viene percepita la vittoria (Bursten 1973a).
7. L’emergere delle ideazioni paranoidee, quando sotto stress, piuttosto che una vulnerabilità all’affetto depressivo.
La psicopatia rappresenta, nell’insieme, un disturbo più pericoloso rispetto al narcisismo anche perché laddove il narcisista può riuscire a porre limiti etici e morali ai propri agiti, soprattutto laddove ne vada della sua reputazione, lo psicopatico non è minimamente interessato al giudizio altrui, non conosce il rimorso e non ha idea di cosa possa essere il senso di colpa.
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[1] Nato nel 1934, è professore emerito della University of British Columbia, dove i suoi studi sono incentrati sulla psicopatologia e sulla psicofisiologia.
[2] New York, Regan J., Lipsett S., 1993, Pocket Books; edizione italiana a cura di CARETTI V. – SCHIMMENTI A., 2009,La Psicopatia. Valutazione diagnostica e ricerca empirica, Roma, Astrolabio.
[3] Leggiamo a pagg. 17-18 in HARE R.D., La Psicopatia. Valutazione diagnostica e ricerca empirica, loc.ult.cit.: «…prendono più di quanto danno…sono persone centrate su loro stesse, insensibili, profondamente prive di empatia e incapaci di stabilire rapporti emotivi con gli altri; individui privi di rimorso che agiscono senza i freni inibitori della coscienza. La mancanza totale di empatia li caratterizza: non solo non sono minimamente in grado di rendersi conto che gli altri provano emozioni, ma non sono in ogni caso interessati a dolore e sofferenza altrui…».
[4] «…per quanto sia inquietante, dobbiamo comunque considerare che la maggioranza degli psicopatici riesce a portare avanti i propri interessi senza uccidere nessuno…», in HARE R.D., loc.ult.cit., pag.21.
[5] HARE R.D., loc.ult.cit., pag.58.
[6] Espressione mutuata dalla lingua inglese (white-collar worker) e utilizzata per indicare quelle categorie di lavoratori (impiegati, dirigenti, funzionari statali, ecc.) che, per la natura stessa della loro professione possono svolgere la loro attività lavorativa indossando camice chiare, in contrapposizione a ceti sociali più bassi che nell’esercizio della loro professione devono indossare invece una tuta o camicie scure e resistenti (detti per questa ragione colletti blu – blue collars).
[7] R.D., La Psicopatia. Valutazione diagnostica e ricerca empirica, op.cit., pag. 129.
[8] HARE R.D., loc.ult.cit., pgg. 129-130.
[9] Detta anche Sindrome di Wendy, dal personaggio della favola di Peter Pan, Wendy Darling, scritta da Barrie J.M. Questo disturbo riguarda donne che scelgono uomini problematici da amare che loro ritengono di dover a tutti i costi salvare presentando delle credenze disfunzionali così riassumibili: – Io sono indispensabile; – L’amore richiede una certa dose di sacrificio; – Gli altri intorno a me non devono arrabbiarsi; – Gli altri vanno protetti in QUADRIO C., The Peter Pan and Wendy Syndrome. A Marital Dynamic, in “Australian and New Zealand Journal of Psychiatry”, Vol. 16, N. 2, 1982, pgg. 23-28.
[10]Una modalità patologica di vivere la relazione che porta all’annullamento della propria autostima e personalità e può condurre a conseguenze psicofisiche molto gravi. Per approfondimenti NORWOOD R., 1970, Donne che amano troppo, Milano, Feltrinelli, (1 ed).
[11] APA – American Psychiatric Association, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – DSM – 5, 2014, op.cit.
[12] A usare il termine “narcisismo” in psicologia per la prima volta fu Haelock Ellis, medico, psicologo e scrittore britannico (1859/1939) nel 1892 in uno studio sull’autoerotismo in cui lo descrisse come “…. una tendenza a perdere le emozioni sessuali che sono quasi interamente assorbite nell’ammirazione di Sé”. Successivamente, Ellis lo definì più semplicemente come attrazione sessuale di un individuo per sé stesso. Nacke Paul Adolf, psichiatra e criminologo tedesco (1851/1913) utilizzò il medesimo termine per connotare una perversione sessuale. Fu Sadger Isidor Isaac, psicanalista allievo di Freud, (1867/1942), che introdusse, nel 1908, il termine narcisismo nella terminologia psicanalitica e Freud lo usò per la prima volta durante una riunione del 10 novembre 1909 della Società Psicoanalitica di Vienna attribuendolo al suo allievo. Il primo a collegare esplicitamente il concetto a fenomeni non sessuali, come per esempio la vanità e l’auto ammirazione, fu il filosofo e psicanalista tedesco Rank Otto (1884/1939), in un suo scritto del 1911. Ma fu l’importante lavoro di Freud (1856/1939) del 1914, Introduzione al narcisismo, quello che segnò l’ingresso ufficiale di questo concetto in psicoanalisi. Da allora in poi, la sua storia appartenne prevalentemente al movimento psicoanalitico, e solo negli anni recenti, e precisamente col DSM-III del 1980, la personalità narcisista è entrata a far parte ufficialmente della diagnostica psichiatrica.
In MIGONE P.,1993, Il concetto di narcisismo, in “Il Ruolo Terapeutico”, in http://www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/ruoloter/rt63-64.htm
[13] L’ICD 10 riporta il disturbo narcisistico, pur senza definirne le caratteristiche specifiche, e lo classifica sotto “Other specific personality disorders”.
[14] Freud (1914/1922) distinse tra “Narcisismo primario” e “Narcisismo secondario”, vedendo nel primo un investimento libidico originario dell’Io ad uno stadio intermedio tra autoerotismo ed investimento oggettuale e nel secondo un ripiegamento della libido sull’io dopo essere stata sottratta ad altri investimenti oggettuali (relazione con l’altro); Reich Wilhelm (1897/1957) ne sottolinea l’aspetto difensivo di corazza caratteriale (1922). Kernberg Otto Friedman (1928) parla, nel 1975, di un narcisismo “normale” indicativo di investimento libidico su un Sé integrato, e di un narcisismo “maligno” o patologico come investimento su una struttura patologica del Sé (formata dalla fusione di Sé ideale, immagine ideale dell’altro e immagine reale di Sé), che si sviluppa in seguito alla carenza di cure da parte di genitori anaffettivi o passivo-aggressivi e manipolatori, inducendo i figli a sviluppare per difesa dal dolore, una percezione grandiosa di sé..Khout Heinz (1913/1981), considerò la dimensione narcisistica della personalità prevalentemente nei suoi aspetti sani e adattivi. Tra i più grandi studiosi del narcisismo egli, nella sua psicologia del Sé, ne evidenziò l’importanza fondamentale per la costituzione di un integro e sano senso del Sé e, ribaltando le precedenti concezioni in materia, ne sottolineò la funzione di primordiale collante psichico e la funzione integrativa e protettiva.
[15] Wink P.M., psicologo americano, P.WINK, Two faces of Narcissism, in “Journal of Personality and Social Psychology”, 61 (4), pgg. 590-597.
[16] Rosenfeld Herbert A., psicanalista tedesco (1910/1986), distingueva, nel 1987, «tra narcisista a pelle spessa e narcisista a pelle sottile». Il primo presuntuoso, aggressivo, arrogante e pieno di sé, il secondo dallo spiccato senso di inferiorità, timido, ipersensibile e vulnerabile, in ROSENFELD H.,1989, Comunicazione e interpretazione: fattori terapeutici e antiterapeutici nel trattamento dei pazienti psicotici, borderline e nevrotici, Torino, Bollati Boringhieri. Gabbard Glen Owens, psichiatra statunitense, (1949) individua alla fine degli anni Ottanta tre sottocategorie: un sottotipo «inconsapevole o grandioso», uno «vulnerabile o iper vigile» e uno «ad alto funzionamento». Alla prima categoria appartengono soggetti particolarmente ego riferiti che si sentono superiori a chiunque e usano gli altri solo per trarne ammirazione e gratificazione, senza alcuna attenzione ai loro bisogni, manipolandoli per ottenere vantaggi. A rischio di crollo psicologico quando le loro aspettative vengono disattese e si confrontano con la realtà e il tempo che passa. Della seconda categoria fanno parte soggetti che possiedono anche loro un’immagine di sé grandiosa ma sono molto più timidi e insicuri rispetto alla prima categoria, temono il giudizio degli altri. Estremamente permalosi sono soggetti a esplosioni di rabbia e crisi depressive. Gli appartenenti all’ultima categoria, pur mantenendo una percezione grandiosa di sé, si rivelano capaci nelle relazioni interpersonali, a differenza dei precedenti, sono estroversi, affabili e utilizzano il narcisismo come motivazione per raggiungere gli obiettivi che si prefiggono, in GABBARD G.O – CRISP H.,2019, Il disagio del narcisismo – Dilemmi diagnostici e strategie terapeutiche con i pazienti narcisisti, Milano, Raffaello Cortina.
[17] Psicoterapeuta e psichiatra statunitense (1910/2008).
[18] OWEN A.L., 2013, Il narcisismo, l’identità rinnegata, Milano, Feltrinelli, p.27.
[19] BARBIER A., in https://www.psicoterapiapersona.it/narcisismo/
[20] APA, The DSM–5 Alternative Model for Personality Disorders. Practice Innovations, Vol.1, No. 3,2016, pgg. 164–177.
[21] Psicologo americano (1928-2014).
[22] MILLON T., 2001, Il disturbo narcisistico di personalità nel DSM. Riflessioni storiche e direzioni future, in AA.VV. a cura di E.F. RONNINGSTAM, I disturbi del narcisismo – Diagnosi, clinica, ricerca, Milano, Raffaello Cortina, pgg.75-88.
[23] Un testo illuminante sull’argomento inerente il narcisismo sano e i confini col patologico è dello psicologo americano CRAIG M., 2016, Che c’è di male nel sentirsi speciali? Trasformare il narcisismo in un vantaggio per sé e per gli altri, Milano, Feltrinelli.
[24] Tra i vari: BURSTEN B.,1973, Manipulator: A Psychoanalytic View, Yale, Yale University Press; KERNBERG O.F., 1987, Disturbi gravi della personalità, Torino, Bollati Boringhieri; BERGERET J., 1996, La personalità normale e patologica, Milano, Raffaello Cortina; MELOY J.R., 2017, La mente psicopatica, origini, dinamiche e trattamento, Roma, Giovanni Fioriti.
[25] KERNBERG O.F., Disturbi gravi della personalità, op.cit. Per l’Autore il disturbo psicopatico costituirebbe una variante estremamente primitiva del disturbo narcisistico, la forma più grave per la precisione ed è possibile osservare sia nei narcisisti patologici che negli psicopatici la presenza di relazioni oggettuali patologiche, in KERNBERG O.F., 1992, Aggressività, disturbi di personalità e perversioni, Milano, Raffaello Cortina, pag. 91, in tal senso anche MELOY J.R., La mente psicopatica, origini, dinamiche e trattamento, op. cit.
[26] Terapeuta francese (1963) tra i massimi esperti europei in materia di manipolazione relazionale.
[27] AGA I.N., 2000, L’arte di non lasciarsi manipolare – Guida Pratica, Milano, Paoline, pgg.35-38.
[28] Testo interessante sull’argomento è quello di CORTE M., 2002, Vampiri energetici, come riconoscerli, come difendersi, Vicenza, Il punto d’Incontro.
[29] MELOY J.R., La mente psicopatica, origini, dinamiche e trattamento, op. cit., pgg.11-12.
IT – Pubblicazione N° 01 del 02/07/2024
The Mediterranean Journal of Surgery, Medicine and Forensic Sciences
ISSN: xxxxxx
Ricevuto: 26/12/2023
Accettato: 16/01/2024
Pubblicato online il XX XXXXXX 2024