Neuroimmunologia nei disturbi dello spettro autistico ASD – Studio Monografico

*Massimo Montinari MD

*Docente di Medicina Integrata UNIMEIER Milano

Abstract

La disabilità nell’apprendimento, i ritardi evolutivi, i disturbi della sfera emozionale e comportamentale, l’ADHD rappresentano handicap infantili che sono in costante crescita nei paesi industrializzati e tra quelle popolazioni definite “pulite”.

La funzionalità del cervello nei bambini è strettamente correlata all’interazione di fattori genetici ed immunogenetica, , ambientali e iatrogeni, ma la imprecisione sulla reale incidenza e sui trends impediscono la stadiazione del problema relativamente alla vulnerabilità dello sviluppo neurologico del bambino.

Studi clinici e di laboratorio approfonditi sulle diverse sostanze tossiche per lo sviluppo neurologico (mercurio, piombo, alcool, nicotina, eccipienti chimici farmaceutici, alluminio, ecc.) hanno dimostrato la enorme vulnerabilità del cervello in fase di sviluppo verso tali agenti tossici, livelli di esposizione che però non hanno effetti duraturi sugli adulti. La carenza o addirittura l’assenza di dati circa la neurotossicità di tali sostanze ha determinato l’esposizione di intere comunità con incremento dei rischi per la collettività. L’azione neurotossica sul cervello dei bambini è strettamente correlata anche all’azione di DNA virus, eccipienti vaccinali, oppioidi alimentari, virus vivi attenuati. Gli oppioidi alimentari che derivano dal glutine e dal latte (glutomorfina e casomorfina) hanno un ruolo importante nella ASD (disturbi dello spettro autistico) partecipando allo stato di tossicità con conseguente quadro clinico rappresentato dall’iperattività, autolesionismo e disturbi del comportamento. E’ dimostrato il loro ruolo nelle encefalopatie subcliniche (ASD) e nelle epilessie farmacoresistenti. Vengono formulate delle strette correlazioni tra intolleranze alimentari, con liberazione di citochine, autismo ed epilessia farmaco resistente. Si segnala il ruolo dei peptidi alimentari nella produzione di amine tossiche negli astrociti, che interagiscono con i neurotrasmettitori, indispensabili al coordinamento delle funzioni psico-neuro-motorie e del linguaggio. Viene discusso il ruolo esercitato dai NK come messaggeri di  neurotrasmettitori.

Parole chiave

ASD, encefalopatia subclinica, epilessia, peptidi oppioidi.

Introduzione

Negli ultimi venti anni si è osservato l’incremento esponenziale dei casi di ASD (disturbi dello spettro autistico) nei Paesi maggiormente industrializzati, come in Giappone dove si registrano ufficialmente 16 casi ogni 10.000 nati, con una media in tali Paesi variabile tra i 15 ai 20 casi ogni 10.000, con un incremento esponenziale negli ultimi anni,  dove è più elevato l’uso di vaccini e antibiotici, in quelle popolazioni , definite da Classen, “pulite”.

Non esistono, ad oggi, statistiche italiane attendibili per la differente definizione dei disturbi del comportamento tra cui rientra la ASD, pertanto il problema è ancora sottostimato dalle Autorità sanitarie, ma  si presenta in rapido incremento. Un indice attendibile può essere rapportabile alla osservazione dei minori affetti da disturbi del comportamento monitorizzati dalla scuola dell’obbligo, ancor più che dalle strutture sanitarie. La non univocità diagnostica crea ancora una vasta confusione tanto da non consentire appropriati ed urgenti interventi.

Nel mondo scientifico internazionale da diversi anni si discute relativamente al ruolo ricoperto dal glutine  nella patogenesi di patologie neurologiche. L’associazione della malattia celiaca (CD) con le neuropatie è stata segnalata sin dal 1908 da Carnegie Brown in un suo testo “ Sprue and its Treatment” in cui descriveva due suoi pazienti affetti da neurite periferica ( Marios Hadjivassiliou – Neurologuical manifestations of gluten sensitività- Neuroimmunology in clinical practice- pgg 252-255-  2008).

Nel corso dei decenni seguenti le segnalazioni scientifiche si sono susseguite molto numerose e nel 1961 Taylor pubblicò il primo studio sulla immunologia della CD con cui si riconoscevano gli anticorpi antigliadina e da allora entrarono nella diagnostica comune della malattia celiaca.

Dal 1966 però Marks con i suoi collaboratori segnalarono che l’intestino non rappresentava l’unico organo bersaglio della CD e sempre nel 1966 Cooke ed al. Riconobbero 16 pazienti con disturbi neurologici associati alla CD. Di questi, dieci avevano forme severe di neuropatie progressive severe, quali atassia. L’osservazione autoptica dimostrava estesi processi infiammatori periva scolari sia nell’encefalo, sia nel sistema nervoso periferico. In questi si evidenziava un’importante atrofia e gliosi del cervelletto. Le segnalazioni su riviste scientifiche internazionali che ponevano una stretta correlazione tra CD e neuropatie sono state sempre più frequenti. Dal 2006 però il termine di CD è stato ristretto soltanto a quei pazienti che presentavano un’alterazione istologica della mucosa del piccolo intestino, mentre molti pazienti con manifestazioni neurologiche non presentavano alcuna lesione istologica intestinale.

Con i nostri studi già dal 2002 avevamo escluso la costante stretta correlazione tra CD e neuropatie, in quanto le neuropatie da glutine sono presenti anche in soggetti nei quali non è presente positività istologica per la CD (Massimo Montinari – Autismo- Macro Edizioni 2002).

Nella diagnosi di CD la ricerca degli anticorpi antigliadina (IgG) rappresenta l’indagine primaria per l’accertamento dello spettro della sensibilità al glutine, mentre la presenza di anticorpi anti endomisio rappresenta maggiormente la sensibilità verso una enteropatia.

Indiscutibile è la ricerca dell’HLA, in particolare la presenza del DQ2 e DQ8 rappresenta una forte associazione (70%) con la CD. Nella nostra esperienza i soggetti in cui sono presenti gli antigeni DQ2, DQ8 e DQ3 (Split del DQ2) presentano costantemente alti livelli di glutomorfina e caso morfina nelle urine anche senza alcun riferimento anticorpale (IgG anti transglutaminasi, IgG anti gliadina, IgG anti endomisio negativi).

Spesso si è osservata l’associazione negli stessi pazienti di ipotiroidismo, anemia perniciosa, diabete mellito di Tipo 1, artrite reumatoide e psoriasi.

L’etiologia delle manifestazioni neurologiche ha le sue basi immunologiche e nella produzione di oppioidi alimentari (glutomorfina e casomorfina) mentre non è correlata ad alcuna carenza vitaminica. Sempre a conferma di ciò, i reperti autoptici sono stati sempre indicativi di una patogenesi infiammatoria peri vascolare con predilezione del cervelletto, cervello,e nervi periferici.

La somministrazione di diete privative di glutine e latte nei pazienti affetti da Sindrome autistica (AS) , disturbi del comportamento, ed epilessia farmacoresistente,  da diversi anni è stata proposta da Reichelt e Shattock, impegnati nella ricerca degli oppioidi glutomorfina e casomorfina nelle urine di soggetti autistici. Dalle loro osservazioni è emersa la presenza degli oppioidi nelle urine dei pazienti affetti da AS, ma alcune osservazioni sperimentali hanno evidenziato la presenza di casomorfina e glutomorfina anche in soggetti non affetti da AS. Tali osservazioni hanno generato non pochi dubbi sulla attendibilità della validità della ricerca di oppioidi condotta da Reichelt e Shattock , tanto da spingere alcuni ricercatori a dubitare della validità dei test eseguiti e contrastare la prescrizione di diete privative di glutine e latte nei pazienti affetti da ASD.

Con il presente studio condotto su pazienti affetti da ASD, disturbi del comportamento e epilessia farmacoresistente, abbiamo dimostrato come tutti i pazienti portatori di tali quadri clinici, presentavano un aplotipo comune, e come i portatori dello stesso aplotipo, anche se non affetti da patologie del comportamento ed epilessie farmacoresistenti presentassero nelle proprie urine i peptidi oppioidi quali la glutomorfina e la casomorfina.

Tale osservazione dimostra che i peptidi oppioidi sono presenti nelle urine di soggetti con aplotipo comune e che, solamente nei casi sia presente un’alterazione dei meccanismi enzimatici, propri della glia, si determini il transito di tali oppioidi attraverso la membrana ematoencefalica con l’accumulo neuronale e conseguente insorgenza dei differenti quadri clinici.

Pertanto si ha la conferma della validità delle ricerche di Reichelt e Shattock aprendo nuove frontiere per l’applicazione dell’immunogenetica alle patologie del SNC e al trattamento della ASD nonchè  dei disturbi del comportamento.

Gli antigeni d’istocompatibilità individuati sono presenti nei soggetti affetti dalla malattia celiaca, non per questo i pazienti affetti da ASD, disturbi del comportamento ed epilessia farmacoresistente, sono celiaci, e questa precisazione è utile per dirimere ogni dubbio sulla correlazione tra celiachia e ASD. Il paziente affetto da ASD potrebbe essere anche celiaco, ma non esclusivamente, come lo stesso potrebbe essere intollerante al latte, ma non necessariamente. Pertanto celiachia e intolleranza al latte non sono rappresentate, se non occasionalmente, nello stesso soggetto, ma tutti i pazienti affetti da ASD presentano invece gli stessi antigeni d’istocompatibilità.

Gli studi condotti da Pelliccia che associa varie forme di epilessia farmacoresistente con il latte, dimostrando un miglioramento del quadro clinico ed EEGrafico dei pazienti dopo la sospensione dell’alimentazione con latte e derivati, trova anche conferma nella presenza dei medesimi antigeni d’istocompatibilità,

Etiopatogenesi

L’etiopatogenesi della ASD è ampiamente discussa: riconosce diversi fattori quali l’azione del Mercurio, dell’Alluminio, dei DNA virus, virus attenuati, la Fenilchetonuria, l’ Istidinemia, il Deficit di adenilosuccinato-liasi, il Deficit di Diidropirimidina deidrogenasi, la  Superattività della 5’-nucleosidasi,il  Deficit di Fosforibosil-Pirofosfato,la Carenza dell’enzima ornitina transcarbamilasi, l’esposizione alla Talidomide.

Frequentemente si tratta di soggetti con comportamenti autistici, in particolare pazienti affetti da patologie correlate, ma distinte, come nella Sindrome di Asperger, Sindrome da X Fragile, Sindrome di Landau-Kleffner, Sindrome di Rett, Sindrome di Williams.

Tra le ipotesi etiopatogenetiche maggiormente accreditate nella letteratura internazionale rientra oggi l’azione di metalli tossici, quali il Mercurio (Hg) e l’Alluminio (Al) con la loro azione sulle funzioni biochimiche delle cellule nervose, sia neuroni, sia cellule appartenenti alla GLIA, l’azione dei virus attenuati e dei virus lenti. Ci riferiamo espressamente alla possibilità documentata che i metalli pesanti, specie il Mercurio (Hg), sotto forma di vapori, adiuvanti vaccinali, amalgame dentarie, o prodotti industriali, possa determinare danni enzimatici nel ciclo della respirazione cellulare, con danni irreversibili sul DNA, sia nucleare, sia mitocondriale.

Ciò che è importante considerare è che l’azione dei metalli pesanti, con la conseguente insorgenza di una sindrome autistica (ASD), non è correlata alle dosi “tossiche” degli stessi, ma all’azione diretta, anche di minimi quantitativi che sono in grado di agire sulla biochimica delle cellule nervose.

Spesso nel trattamento e nell’osservazione di bambini autistici la dieta privativa di glutine e di latte vaccino ha dato risultati ottimali, così come la somministrazione di aminoacidi, in altri casi, ha fatto ben sperare in una terapia definitiva.

In base all’esperienza acquisita e agli studi condotti da ricercatori molto attenti, l’autismo, o sindrome para-autistica come più opportunamente forse dovrebbe essere definita, presenta una stretta correlazione tra il Sistema Nervoso Centrale, in particolare le cellule che compongono la GLIA, il sistema immunitario, nel quale svolgono un ruolo importante gli antigeni d’istocompatibilità, l’apparato digerente ed il sistema neuroendocrino.

Il presente studio ipotizza un ruolo importante ricoperto dalle funzioni biochimiche dei mitocondri, in particolare nel ciclo di Krebs, che rappresentano il motore energetico cellulare e nei quali, l’eventuale carenza enzimatica, potrebbe consentire un accumulo di radicali liberi con il conseguente blocco delle funzioni cellulari.

Fondamentale risulta il ruolo ricoperto dal fenotipo di ogni paziente, infatti le reazioni avverse del SNC sono strettamente correlate a particolari aplotipi.

Abbiamo cercato di esporre tali ipotesi, formulando pertanto delle teorie, dopo aver chiarito e definito alcune patologie che, concettualmente, sono di pertinenza di specialisti gastroenterologi, immunologi, endocrinologi, virologi e microbiologi, nonchè biochimici ed immunogenetisti. Una vera multidisciplinarietà che, a nostro avviso, meriterebbe un approfondimento maggiore in idonei Istituti di ricerca.

Nei pazienti definiti affetti da “sindrome autistica”, o da “ritardo del linguaggio e dell’apprendimento” o da “ritardo psico-motorio” o da altre diagnosi similari ma sempre di n.d.d., la sintomatologia ha sempre un esordio subdolo, quasi mai allarmante per i medici curanti ed i genitori, ma progressivamente evolutivo.

Il quadro clinico

Il quadro clinico è quello di una encefalite subclinica, definita immunomediata, che ha uno specifico interessamento della membrana emato-encefalica; struttura questa che rappresenta un vero “organo immunocompetente” per la ricca presenza di antigeni d’istocompatibilità. Il primo segno clinico costantemente riferito nell’anamnesi è il ritardo del linguaggio o la scomparsa del linguaggio precedentemente acquisito. Spesso i bambini vengono definiti “pigri” o il “comportamento” dei genitori iper o ipo protettivo viene imputato quale causa scatenante la reazione del bambino.

Nella raccolta anamnestica spesso la segnalazione fornita dai genitori circa la comparsa di stati critici dopo la somministrazione dei vaccini non viene quasi mai riportata, se non nel corso di ulteriori osservazioni cliniche per la ricerca di un agente etiopatogenetico. I segni clinici si verificavano tra i sei giorni ed i tre mesi dalla vaccinoprofilassi, mentre nel corso di encefaliti da virus attenuati l’insorgenza dei sintomi si verifica anche dopo 4-5 mesi.

ASD e malassorbimento, come il quadro clinico definito come “enterocolite autistica”, potrebbero interagire nei propri meccanismi fisiopatologici, per tal motivo reputiamo indispensabile analizzare le singole patologie separatamente, studiandone i propri meccanismi d’azione, e successivamente ponendole su basi fisiopatologiche ed etiopatogenetiche comuni.

La gliadina si lega alla transglutaminasi e la risposta antigliadina consente una reazione autoimmune contro la transglutaminasi e forse contro altri autoantigeni.

Questa risposta anticorpale potrebbe interferire con fenomeni biologici quali l’apoptosi delle cellule intestinali e dei linfociti e condizionare in questo modo la comparsa di malattie autoimmuni. Anche alcune caratteristiche dell’infiammazione intestinale, quali l’espansione dei linfociti gamma delta, potrebbero in parte dipendere da reazioni di tipo autoimmune.

Il danno intestinale, sia su base infettiva, sia allergica, aumenta la tossicità della gliadina determinando l’instaurarsi di un circolo vizioso.

Il circolo vizioso che si instaura tra danno intestinale, attivazione della transglutaminasi ed aumento della tossicità della gliadina sembra rendere conto di alcuni fenomeni tipici della storia naturale della celiachia:

  • la crisi celiaca, che consiste in un importante aggravamento dell’enteropatia celiaca secondario alla sovrapposizione di una infezione gastrointestinale;
  • l’apparente guarigione della celiachia dopo un periodo di dieta.

La dieta interromperebbe il suddetto circolo vizioso e la successiva reintroduzione del glutine, in assenza di altri fattori concomitanti, non porterebbe alla ricomparsa dei sintomi gastrointestinali. Va però sottolineato che una alterata reazione immune persiste nella mucosa intestinale; questa può condurre nuovamente ad una sintomatologia gastrointestinale esprimendosi con una sintomatologia da malassorbimento (anemia, osteoporosi) e, più subdolamente, mediante un disturbo da tolleranza immunologica, può creare le condizioni per lo sviluppo di malattie autoimmuni.

Caratterizzazione delle cellule costituenti gli infiltrati a livello intestinale

Le cellule infiltranti l’intestino tenue in corso di MC sono rappresentate essenzialmente da linfociti T attivati (CD25+), eosinofili e macrofagi. In particolare in pazienti con MC in fase attiva è stato osservato un incremento dei LIE TCRgd+ a livello del digiuno

L’espansione è maggiore a carico dei linfociti Tgd+ di tipo CD4- CD8- (cellule doppio-negative). La maggiore densità dei linfociti Tgd+ è strettamente associata alla presenza dell’antigene DR3. Analoghe alterazioni sono state riscontrate anche in pazienti con dermatite erpetiforme, malattia che frequentemente si associa alla MC. Il numero assoluto di LIEgd rimane costante sia durante la dieta di eliminazione del glutine, sia durante il test di provocazione con l’alimento. La maggior parte dei cloni di linfociti Tgd+ ottenuti da biopsie digiunali mostra attività citotossica nei confronti di linee cellulari K562 e Daudi.

Nella MC è stato anche osservato un notevole aumento dei LIE CD3+CD8+ TCRab+.

E’ stato inoltre dimostrato un aumento di cellule CD8+ CD45RO+ a livello dell’epitelio digiunale di pazienti affetti da MC non trattata.

La molecola CD45RO è espressa sui linfociti T intraepiteliali sia ab+ sia gd+, ma preferenzialmente sui primi.

Di grande importanza appare la recente dimostrazione su biopsie digiunali di pazienti con enteropatia da glutine di cellule T HLA-DQ ristrette, specifiche per il glutine. Nei pazienti con MC vi sono inoltre segni di attivazione di macrofagi ed eosinofili degranulati.

La prima difesa pertanto, in riferimento alle cellule T è presente nel timo dove nei primi anni di vita le cellule immature subiscono una vera programmazione immunitaria, ma alcune cellule definite “autoaggressive” di derivazione timica, possono sfuggire al controllo della autoregolazione, per cause generalmente iatrogene, e presentarsi nel torrente ematico con la potenzialità di attivare patologie autoimmunitarie.

Alcuni tessuti però godono di una naturale protezione dall’azione di queste cellule, in particolare il cervello e il midollo spinale a causa dello specifico rapporto di contiguità tra vasi sanguigni e tessuto nervoso, mediato particolarmente dalla glia.

Ma tale naturale protezione anatomica all’ingresso delle cellule T autoaggressive viene meno nel corso dei processi infiammatori o allergo immunologici dei tessuti del SNC, generalmente a causa di DNA virus, metalli pesanti, virus vivi attenuati (vaccinali) o iatrogeni (farmaci), per cui le cellule immunitarie auto-reagenti possono trovare la via per penetrare. Tali osservazioni furono già evidenziate da nostri studi pubblicati nell’aprile 2002 (Massimo Montinari, Autismo- Macro Ed.) e successivamente convalidate dagli studi di Zoltan Fehervari e Shimon Sakaguchi nell’ottobre 2006 (Scientific American). Le nostre osservazioni si riferivano alle caratteristiche delle cellule costituenti gli infiltrati a livello intestinale che svolgono un ruolo cruciale nella genesi della AS. Quattro anni dopo la nostra osservazione e descrizione dei meccanismi immunitari, gli autori giapponesi, dimostravano come le cellule immunitarie che mostrano un inappropriato interesse verso i tessuti, possono essere bersaglio, e quindi essere distrutte da altre componenti del sistema immunitario. Le cellule immunitarie che svolgono maggiormente questo compito sono pertanto rappresentate dalle cellule T. Quasi tutte queste cellule svolgono un ruolo di cellule mature nel timo e permangono in tutto il corpo come una sottopopolazione specializzata di cellule T.

Gli studi più recenti si sono focalizzati nella ricerca di un regolatore delle cellule T   capaci di ridurre le risposte immunitarie auto-aggressive. tale fattore venne battezzato come “distruttore delle cellule T”.

Negli ultimi anni i ricercatori sono riusciti ad individuare nel CD4+ CD25+ quelle “cellule regolatrici”, chiamate comunemente T-regs.

Le T- regs riescono a sopprimere l’attività autoimmunitaria, i meccanismi non sono ancora ben conosciuti, ma si pensa alla codificazione che queste possano avere per le molecole di Classe II del Sistema HLA, facilmente suscettibili della rottura dei ponti disolfuro a causa di metalli o virus.

Tali cellule riescono a sopprimere la moltiplicazione di molte cellule del sistema immunitario e la secrezione di citochine.

Oggi i ricercatori sono convinti che le T-regs siano attivate dal contatto diretto tra cellule e svolgono la funzione di controllo nei confronti di agenti patogeni. Poter attivare dunque le T-regs potrebbe essere una prossima frontiera per controllare le risposte immunitarie che ben si conoscono nella AS come in molte altre patologie autoimmuni.

La gastroenterologia appare senza dubbio una delle aree che ha ricevuto maggiore attenzione da parte degli immunologi ed oggi, pur permanendo ancora dubbi ed incertezze, si può affermare che il tratto gastroenterico ha assunto un ruolo sempre più importante come organo immunologico primario. Appare quindi evidente che ogni alterazione della complessa struttura anatomo funzionale dell’apparato digerente e dell’intestino tenue in particolare, possa modificare il ruolo fondamentale nell’equilibrio del sistema immunitario.

La mucosa intestinale del tenue è continuamente esposta ad una stimolazione antigenica da parte delle sostanze ingerite e della flora microbica presente nel lume. Particolari meccanismi immuni consentono la identificazione e la elaborazione dell’antigene, l’induzione delle risposte immuni cellulari ed umorali, la memoria, la regolazione della tolleranza ed il richiamo del sistema effettoriale che vengono adattati a rispondere alla continua minaccia di lesioni.

Il tessuto linfoide associato all’intestino è costituito sia da aggregati focali (placche di Peyer, appendice), sia da linfociti che da plasmacellule sparsi nella lamina propria e nell’epitelio.

Le placche di Peyer sono ricoperte da un epitelio contenente la cellula membranosa M, che garantisce un accesso specializzato agli antigeni. Nelle placche di Peyer le cellule B, le più numerose, secernono le IgA secretorie (P.M. 390.000), mentre le cellule T, rappresentate da una popolazione più ridotta, comprendono un sottogruppo induttore/coadiutore e uno soppressivo/citotossico, che possono essere caratterizzati in parte da anticorpi monoclonali specifici.

Nelle placche di Peyer non sembrano trovarsi cellule killer naturali e neanche i loro precursori, che potrebbero essere indotti a differenziarsi ad opera dell’interferon.

Nell’epitelio intestinale sono presenti numerosi linfociti T e B, cellule killer naturali ed un piccolo numero di eosinofili, mast-cells, neutrofili e macrofagi.

Le cellule T intraepiteliali reagiscono con un anticorpo monoclonale OTK8, attenuano la risposta immune ed agiscono come cellule citotossiche effettrici (funzione soppressiva/citotossica).

Le cellule epiteliali dell’intestino tenue dell’uomo presentano antigeni simili agli HLA – DR, forse partecipanti alla elaborazione degli antigeni o aventi funzione analoga a quella delle cellule M delle placche di Peyer. Tali antigeni sono assenti nell’epitelio normale del colon, ma si repertano nel 50% delle mucose con carcinomi ad insorgenza in questa sede.

Nella lamina propria prevalgono plasmacellule ed in numero ridotto si ritrovano eosinofili, mast-cells, neutrofili e macrofagi.

Condizione necessaria per sviluppare la celiachia è  la presenza sulla membrana delle cellule immunocompetenti di una molecola HLA di Classe II formata da due particolari catene  alfa e beta (il cosiddetto eterodimero HLA), codificate dagli alleli  a0501 e b 0201, in grado di legare con alta affinità peptidi e gliadina e di presentarli  agli specifici linfociti T .

Quando la tipizzazione HLA veniva effettuata con tecniche sierologiche questa configurazione prendeva il nome di DQ2. In realtà non sempre al fenotipo DQ2 corrisponde la presenza dell’eterodimero caratteristico della celiachia. L’eterodimero celiaco è sempre presente quando al DQ2 si associa il DR3 (aplotipo DQ2-DR3) e in soggetti con aplotipo DQ2-DR7/DR5.

Nel primo caso, l’analisi di linkage ci mostra che sullo stesso cromosoma sono presenti sia i geni della catena a, a0501, sia quelli della catena b, b0201 (configurazione in cis).

Nel secondo caso i due geni si trovano su cromosomi diversi (in trans): sul cromosoma che esprime la specificità sierologica DR7 è presente la sequenza A0501 per la catena alfa. In una minoranza dei celiaci (8%) la predisposizione è legata al DQ8 associato al DR53, ugualmente dotato di alta affinità per la gliadina.

Per quanto necessario, l’HLA non è però sufficiente a far sì che si sviluppi la malattia. Solo una piccola parte dei soggetti con gli HLA descritti (presenti quasi nel 40% della popolazione) ha la celiachia.

L’assenza degli HLA tipici ha comunque un elevato valore predittivo negativo nella diagnosi di celiachia.

Per identificare aree genomiche in linkage genetico con la celiachia, al di fuori dell’HLA, è stato eseguito uno studio basato sul polimorfismo di particolari sequenze di DNA dette microsatelliti, distribuite lungo l’intero genoma. Da questa indagine emerge la conferma del ruolo preponderante della regione HLA, ma studi più approfonditi sono necessari per valutare il possibile interessamento in questa regione di geni diversi dall’HLA.

Il sistema immunitario intestinale e il malassorbimento nell’Autismo

Alterazioni del sistema immune intestinale possono interferire con il processo di assorbimento, determinando particolari sindromi cliniche che interessano il piccolo intestino.

Nel 1995 Lucarelli S ed altri,  hanno posto delle strette correlazioni tra intolleranze alimentari e autismo, in particolare, segnalando il ruolo dei peptidi alimentari nella produzione di effetti tossici a livello del SNC che interagissero con i neurotrasmettitori,  evidenziavano l’intolleranza al latte vaccino presente in 36 pazienti autistici; osservavano un miglioramento dei sintomi dopo circa due mesi dalla sospensione dalla dieta del latte vaccino, con  un incremento delle IgA per caseina, latto-albumina e beta-lattoglobulina, nonchè IgG e IgM per caseina.

Nella AS sono presenti frequentemente disordini gastrointestinali, correlati essenzialmente al malassorbimento, al quale si associa nel 70% dei casi una patologia da reflusso gastro-esofageo. Nella nostra esperienza il reflusso gastro-esofageo era correlato soprattutto a gastropatie da intolleranze alimentari (latte e glutine).

Nel novembre 1999, osservazioni analoghe sono state riportate da Horvath K ed altri: dimostrano la presenza, in pazienti autistici, di disordini gastrointestinali, specialmente esofagite da reflusso, e malassorbimento di disaccaridi. Gli autori osservano anche un incremento di secrezione bilio-pancreatica che depone per un interessamento dei recettori della secretina del fegato e del pancreas.

E’ importante documentare ulteriori condizioni di malassorbimento che favoriscono l’accumulo di amine tossiche a livello del SNC, in particolare negli Astrociti:

Deficit selettivo di IgA. E’ una condizione di immunodeficienza primitiva che interessa un individuo su settecento, di cui solo il 13% soffre di diarrea ricorrente o cronica con steatorrea, intolleranza al latte e infestione da Giardia lamblia.

La base percentuale di soggetti sintomatici è data dall’aumento notevole della mucosa intestinale delle cellule produttrici di IgM che compensano il deficit di IgA secretorie.

Associati ad un deficit di IgAs sono il morbo celiaco, l’iperplasia linfoide nodulare, la colite ulcerosa, il morbo di Crohn ed il deficit di disaccaridasi. In alcuni soggetti può verificarsi una dissociazione fra livelli circolanti e secretori di IgA, ciò comporta delle malattie solo a livello intestinale con infezioni opportunistiche e diarrea senza malassorbimento o con aspetto morfologico normale della mucosa digiunale.

Panipogammaglobulinemia. E’ un deficit immunologico di tipo comune variabile che si manifesta con diarrea cronica o ricorrente, malassorbimento associato o no ad infestione da Giardia lamblia con deficit secondari di disaccaridasi.

La mucosa intestinale a volte si presenta di struttura normale, in rari casi si presenta piatta e i malati rispondono ad una dieta priva di glutine.

A tutt’oggi non esiste una correlazione tra una condizione di proliferazione batterica ed i sintomi del paziente.

Complicanza rara dell’ipogammaglobulinemia variabile comune è ladigiuno ileite ulcerosa che può associarsi ad un malassorbimento grave.

Malassorbimento può anche verificarsi a causa di acloridria gastrica e di deficit di fattore intrinseco con anemia perniciosa oppure con neutropenia e deficit di pancreas esocrino.

Espressione di ipogammaglobulinemia è la presenza di noduli linfatici nella lamina propria dell’intestino tenue (iperplasia linfoide nodulare), che rappresenta cellule T e B proliferanti.

L’incidenza dei linfomi di tipo sistemico è significativamente più elevata nei pazienti con deficit di immunoglobuline congenito ed anche variabile comune.

Linfomi dell’intestino tenue sono stati descritti in pazienti che presentavano iperplasia linfatica nodulare del tenue, con livelli d’immunoglobuline circolanti normali, sollevando il problema della predisposizione a lesioni maligne di detta iperplasia.

Diarrea grave e malassorbimento con arresto di sviluppo dei villi, edema della mucosa e presenza di numerosi macrofagi vacuolati si rinvengono in neonati con immunodeficienza di tipo combinato.  Rare sono invece le lesioni intestinali  nell’immunodeficienza primitiva mediata da cellule.

Ipersensibilità e malassorbimento. L’ipersensibilità è una reattività abnormemente aumentata da parte del sistema immunitario verso un antigene e si traduce in una lesione tessutale. Appare poco probabile che si possa avere malassorbimento in seguito ad ipersensibilità immediata con risposta di IgE, data la loro breve durata.  Più verosimile appare una lesione della mucosa secondaria ad ipersensibilità mediata da complessi immuni fissanti il complemento, come può succedere in caso di allergia al latte di mucca, di enteropatia da glutine ed in alcuni casi di deficit selettivo di IgA.

Malattie immunoproliferative del tenue. I linfomi intestinali sono prevalenti nel Medio Oriente e nel bacino Mediterraneo e sono causa di malassorbimento. Essi rappresentano la trasformazione maligna del sistema delle IgA secretorie (malattia delle catene alfa) a livello della mucosa intestinale.

I sintomi principali sono rappresentati da diarree con steatorrea, dolori addominali generalizzati a tipo colica e calo ponderale.

I segni fisici sono deperimento, dita a bacchetta di tamburo, edema e nei casi avanzati masse addominali palpabili.

Il malassorbimento è dimostrato dalle prove di funzionalità intestinale, mentre un reperto biochimico tipico è l’aumento notevole dei livelli plasmatici di fosfatasi alcalina, a causa della presenza del suo isoenzima intestinale.

Ruolo dei peptidi derivati da proteine alimentari nelle patologie del sistema nervoso centrale

Attualmente le azioni del glutine e della caseina assumono un ruolo importantissimo nella genesi di numerose patologie del sistema nervoso centrale, quali l’autismo, il ritardo neuromotorio, la schizofrenia, le epilessie farmaco resistenti, l’atassia.

I primi studi risalgono al 1980 con Dohan il quale osservò una correlazione tra l’assunzione di glutine e l’incidenza della schizofrenia di 0.96, dimostrando l’assenza di schizofrenia nelle popolazioni dove, per motivi culturali, non sussisteva una alimentazione ricca di glutine, se non addirittura del tutto priva.

Già nel 1981 Reichelet, osservava l’incremento nei soggetti autistici e schizofrenici di peptidi nelle urine; nel 1986 dallo stesso fu osservata l’iperpeptiduria, come l’incremento della casomorfina bovina 1-8 fu rilevata nelle urine di bambini autistici, dimostrando come l’iperpeptidemia si accompagnasse ad una iperpeptinuria.

Tali osservazioni hanno permesso di stabilire il ruolo svolto dal glutine e dalla caseina, sotto forma di glutomorfina e casomorfina sul sistema nervoso centrale con l’inibizione della normale maturazione neuronale.

Nel 1995 Reichelet e Landmark hanno dimostrato come negli schizofrenici e negli autistici sia incrementato significativamente il valore delle IgA anticorpali contro la gliadina, la b – lactoglobulina e la caseina, come enorme si presentava il livello di peptidi urinari.

Da tali studi si evince che autismo e schizofrenia sono sindromi causate da enzimi differenti, in pazienti differenti, che presentano la stessa bioattività, infatti recentemente è stata osservata una struttura molecolare simile tra gli stessi enzimi. Poichè la peptiduria è determinata da un difetto del metabolismo peptidico, è ragionevole sospettare che differenti peptidasi possano agire in soggetti con aplotipi diversi.

Poichè le peptidasi sono regolate e spesso inibite da attività ormonali, quali il testosterone e il cortisone, la correlazione tra insorgenza di queste patologie e la pubertà potrebbe essere strettamente correlata.

L’accumulo di oppioidi inibirebbe la normale maturazione del SNC e questo determinerebbe una progressiva disfunzione. A conferma di questa ipotesi subentra l’azione della casomorfina quale mediatore dello stato drammatico della psicosi post- partum; per tale motivo si ipotizza che gli oppioidi siano alla base di patologie quali la schizofrenia e la AS. Poichè gli oppioidi possono entrare nel liquor cefalorachidiano l’inibizione della maturazione del SNC può essere dipendente dalla loro azione.

Dagli studi di Paul Shattock si evidenzia che tali catene brevi di aminoacidi sono riconosciute come “peptidi oppioidi” e fra le funzioni ritroviamo:

–    riduzione della sensibilità al dolore, in particolare nel corso di stress;

  • alterazione del pattern EEG, potenziali parossistici;
  • modificazione dei patterns di sonno, in particolare durante lo stress;
  • effetti sulla memoria e sull’apprendimento;
  • diminuzione della socializzazione;
  • modificazione dell’assunzione di cibi e liquidi;
  • coinvolgimento del comportamento stereotipato;
  • stispsi e rallentamento della peristalsi;
  • regolazione della temperatura corporea;
  • effetti sul sistema immunitario.

Il ruolo dei neuropeptidi intestinali e la modulazione della risposta immune

La risposta immune è regolata da numerosi meccanismi interagenti che possono classificarsi in tre categorie responsabili di 

(A) una regolazione antigene specifico mediante:

A – 1) le sottopopolazioni T soppressori/ T induttori che hanno effetto tollerogeno;

A – 2) le citochine liberate dalle cellule immunitarie (gamma interferone, interleuchina 2, fattore di inibizione dei macrofagi);

A – 3) gli anticorpi contro gli antigeni estranei e contro gli idiotipi di altre molecole anticorpali;

(B) fattori con attività immunoregolatrice indipendentemente da uno specifico antigene:

B- 1) componenti del siero (alfa globuline, lipoproteine e prodotti di derivazione tumorale),

B- 2) corticosteroidi;

B- 3) radiazioni;

C- risposta immune regolata a livello delle mucose (tratto gastrointestinale, albero bronchiale, sistema genito-urinario) con la secrezione di peptidi (PEPTIDE INTESTINALE VASOATTIVO VIP, SOSTANZA P, SOMATOSTATINA) mediante la stimolazione delle terminazioni nervose di senso.

Le mucose sono idonee per la secrezione di peptidi a causa della stretta prossimità ad esse dei linfociti della lamina propria che rispondono rapidamente alle sostanze secrete localmente e per la necessità di un meccanismo regolatore che può essere attivato da particolari stimolazioni biologiche, quali agenti infettivi.

Il meccanismo neuropeptidico, deputato alla regolazione delle risposte immuni locali, consente di aumentare la gamma degli eventi induttori e di determinare la possibilità di far evocare una risposta immune in un’area più ampia in seguito ad uno stimolo localizzato. Questo deriva dal fatto che la secrezione di peptidi può seguire la distribuzione dei nervi in un tratto di mucosa o anche dell’intero tessuto.

Il meccanismo neuropeptidico presenta il vantaggio di modulare finemente la risposta immune influenzando la migrazione linfocitaria, la sintesi delle immunoglobuline e il rilascio dei mediatori a seconda dei peptidi che vengono secreti selettivamente.

PEPTIDE INTESTINALE VASOATTIVO VIP

Sono stati dimostrati siti di legame specifici sulle cellule mononucleate (nel topo sono state trovate cellule T leganti VIP nei linfonodi mesenterici, nella milza, placche di Peyer).

Dopo 3-5 giorni di digiuno aumenta il legame del VIP alle cellule mononucleate del sangue di ratto per un aumento dell’affinità di entrambe le classi di siti di legame.

SOSTANZA P

Si lega ad un recettore-specifico, a linfociti T e B di topo ottenuti dalle placche di Peyer e dalla milza, ed alle principali sottopopolazioni di T linfociti (CD4, CD8).

La sostanza P si lega alle cellule B indipendentemente dall’isotipo delle immunoglobuline presenti sulla loro superficie (IgG, IgA,IgM).

SOMATOSTATINA

Sono stati trovati recettori specifici su circa una metà dei linfociti T e B delle placche di Peyer e della milza.

NEUROPEPTIDI E FUNZIONE LINFOCITARIA

  1. RISPOSTA PROLIFERATIVA AI MITOGENI mediante le lectine quali PHA (fitoemoagglutinina), ConA( concanavalina A). Queste lectine rappresentano un potente stimolo policlonale per la proliferazione dei linfociti.
  2. MIGRAZIONE DEI T LINFOCITI.
  3. SINTESI DELLE IMMUNOGLOBULINE.

I NEUROPEPTIDI RILASCIATI DALLE TERMINAZIONI DEI NERVI SENSITIVI MODULANO LA FUNZIONE DEI LINFOCITI RESIDENTI NELLE MUCOSE.

Questo può valere almeno per tre neuropeptidi presenti nell’intestino in concentrazione elevata: VIP (peptide intestinale vasoattivo), Sostanza P, Somatostatina.

Interazioni tra peptidi e monoamine nel sistema nervoso centrale

I fattori coinvolti nella trasmissione nervosa sono diventati sempre più numerosi.

I neurotrasmettitori classici comprendono le seguenti sostanze :

  1. acetilcolina,
  2. glutamato,
  3. aspartato,
  4. GABA ( acido gamma-aminobutirrico),
  5. taurina,
  6. glicina,
  7. monoamine :  a) noradrenalina, b)serotonina, c)istamina, d) dopamina.

I nuovi arrivati nella trasmissione centrale sono i peptidi; questi sono rappresentati da brevi catene di aminoacidi ( tra 3 e 40) che vengono sintetizzate e rilasciate dai neuroni come avviene per gli altri neurotrasmettitori. Molti di questi peptidi, come precedentemente abbiamo descritto, erano già noti come ormoni attivi nel sistema endocrino o come fattori di rilasciamento ipotalamici.

Numerosi sono i peptidi che, di anno in anno, vengono classificati e identificati nel SNC:

  1. CCK (colecistochinina),
  2. SS (somatostatina),
  3. VIP (peptide intestinale vasoattivo),
  4. neurotensina,
  5. sostanza P,
  6. vasopressina,
  7. encefaline,
  8. neuropeptide Y.

E’ frequente la domanda se questi peptidi interagiscano con altri neurotrasmettitori in maniera coordinata.

Possono agire in un sinergismo o con interazioni inibitorie o modulatorie; infatti a livello di un terminale presinaptico il rilascio di un neurotrasmettitore può essere regolato da quello di un altro.

Due o più neurotrasmettitori possono coesistere nella stessa terminazione nervosa.

Tale osservazione implica che molecole co-rilasciate dalle stesse terminazioni possano interagire a livello di siti pre- sinaptici o post-sinaptici in modo da modulare l’informazione in una determinata via neuronale.

INTERAZIONI TRA I NEUROTRASMETTITORI DEL SNC

Tali interazioni sono presenti a vari livelli:

  1. localizzazione anatomica,
  2. attività fisiologica,
  3. funzione comportamentale.

Localizzazione anatomica:

per interagire due o più neurotrasmettitori devono essere presenti nello stesso posto e nello stesso momento in una determinata regione del SNC. Questo può verificarsi solo se i neurotrasmettitori sono co-localizzati e se sono contenuti in terminali assonici che finiscono in prossimità di comuni bersagli cellulari.

Attività fisiologica:

le conseguenze dell’interazione tra i neurotrasmettitori spaziano dal livello degli RNA messaggeri all’attività di enzimi che regolano funzioni cellulari, fino alle proprietà cinetiche di canali selettivi per un dato tipo di ioni. Quest’ultima azione si tradurrà in una modulazione dell’eccitabilità neuronale.

Funzione comportamentale:

le interazioni cellulari finiscono con l’integrarsi in processi multicellulari complessi che a loro volta sono responsabili di un determinato comportamento. Le interazioni tra i neurotrasmettitori possono in altri termini essere analizzate a questo livello più elevato implicante effetti comportamentali.

Le interazioni vengono rivelate mediante la tecnica della ibridizzazione in situ e ricerche hanno dimostrato che le alterazioni della neurotrasmissione dopaminergica (substantia nigra) con cellule peptidergiche striatali, influenzano fortemente i livelli dell’RNA messaggero codificante per certi peptidi dello striato, dove terminano i neuroni dopaminergici originatisi nella substantia nigra.

Da numerose osservazioni si evidenzia che neurotrasmettitori multipli possono convergere nel regolare l’eccitabilità neuronale attraverso un sistema effettore comune.

Sussistono vari meccanismi intracellulari nel modulare la sintesi ed il rilascio di ormoni peptidici da una linea cellulare di origine ipofisaria che possiede le proprietà di eccitabilità dei neuroni.

Diverse monoamine e neurotrasmettitori interagiscono nel regolare questi processi intracellulari.

Es. cellule della linea anteipofisaria del topo rilasciano ACTH (adrenocorticotropina) in presenza di neurotrasmettitori e di agenti che aumentino i livelli di AMP ciclico, o a seguito dell’aumento del calcio intracellulare indotto da una depolarizzazione, ad esempio il releasing factor della corticotropina (CRF) attiva l’adenilciclasi e la proteinchinasi cAMP-dipendente; nello stesso tempo il CRF innalza i livelli di calcio citosolico e stimola il rilascio di ACTH. Nel 2000 studi di Arancibia S ed altri, hanno dimostrato l’interazione tra la somministrazione di dexamethasone e l’espressione di somatostatina RNA messaggera (mRNA) a livello delle cellule periventricolari, con il rapido decremento della stessa

Al contrario, le depolarizzazioni indotte dal potassio determinano un aumento dei livelli di calcio e aumento del rilascio di ACTH senza un concomitante aumento dei livelli di cAMP.

Studi condotti per accertare l’importanza del calcio e dell’AMP ciclico, hanno dimostrato che due effettori intracellulari (calcio e AMP ciclico) possono agire in maniera coordinata nel trasdurre un effetto cellulare innescato da un singolo stimolo extracellulare, l’esposizione della cellula al CRF.

Dalle osservazioni sui complessi meccanismi che regolano i neurotrasmettitori sembra dunque che non soltanto possano verificarsi interazioni a livello della superficie extracellulare della membrana, in rapporto alla convergenza di neurotrasmettitori multipli sulla stessa cellula bersaglio, ma che un singolo neurotrasmettitore, agendo su un singolo recettore, possa innescare molteplici processi regolativi reciprocamente interagenti.

Sono anche interessanti ulteriori studi sulle interazioni tra peptide intestinale vasoattivo (VIP) e noradrenalina (NE) a livello della corteccia cerebrale.

Nella corteccia il VIP è contenuto in una popolazione omogenea di neuroni bipolari intracorticali orientati radialmente. Questi neuroni inviano proiezioni localmente e pertanto vengono a definire una serie di colonne corticali.

Quindi le azioni del VIP rilasciato da questi neuroni sono limitate a questi gruppi neuronali locali; invece il sistema contenente NE si origina dal locus ceruleus e si proietta diffusamente verso la corteccia cerebrale, dove le fibre noradrenergiche seguono una traiettoria prevalentemente orizzontale che le porta a diffondersi per l’intero mantello corticale.

In sintesi, a differenza del sistema VIP che svolge un’azione locale, le fibre noradrenergiche possono agire globalmente attraverso regioni corticali funzionalmente distinte.

Interazioni tra neuroimmunociti ed immunociti nel sistema nervoso centrale

E’ stato dimostrato che nel SNC esistono funzioni effettrici del sistema immune come è dimostrato dalle reazioni di rigetto di trapianti cutanei allogenici in cervelli di conigli presensibilizzati, dalla presenza di infiltrazioni di T-linfocitarie in casi di encefalite virale ed autoimmune, dalla possibilità di trasferire con successo l’encefalomielite allergica sperimentale mediante cellule T specifiche per la proteina basica della mielina e dalla prevenzione di certe forme di encefalite virale sperimentale con un trattamento immunosoppressivo .

Il cervello rappresenta un sito di risposta immunitaria contro agenti infettivi ed autoantigeni e questa considerazione ci spinge a credere che nel SNC la distruzione cellulare immunomediata dipende sia da cellule residenti nel SNC che abbiano acquisito un’immunocompetenza (GLIA), sia da linfociti periferici o da entrambi gli eventi.

A nostro avviso un grosso contributo è stato fornito dagli studi di P. Bongioanni che ha saputo descrivere, con dovizia di particolari, e con semplicità un meccanismo etiopatogenetico che oggi consente di proporre terapie con la Medicina Integrata.

E’ importante a tal punto, focalizzare i meccanismi intercellulari che intervengono nella risposta immune nell’Autismo con compromissione del SNC.

  1. Riconoscimento dell’antigene con la processazione dello stesso da parte delle cellule APC

(cellule presentanti l’antigene), che esprimono molecole di II classe dell’HLA e secernono citochine, in primis IL-1, e l’interazione tra APC e linfociti T, con rilascio di fattori trofici e maturativi come l’IL-2 da parte dei linfociti T .

  • La sintesi anticorpale e o la distruzione delle cellule bersaglio mediante l’attivazione di Tc, cellule Killer o NK oppure tramite altri meccanismi citotossici, come quelli dipendenti da anticorpi.

L’espressione di molecole codificate dall’HLA e l’elaborazione di fattori stimolanti la crescita e la differenziazione cellulare costituiscono pertanto dei requisiti dell’immunocompetenza.

E’importante considerare le differenze dimensionali tra la cellula ed il complesso trimolecolare (recettore del linfocita T, antigene e molecole HLA) coinvolto nelle interazioni cellulari; un ruolo molto importante nell’adesione intercellulare e quindi nella presentazione dell’antigene, è ricoperto dall’antigene associato alla funzione linfocitaria (LFA)-1 (integrina presente in alcuni tipi di cellule immunitarie come i linfociti B e T, le cellule NK, i macrofagi ed i granulociti).

La ricerca attuale ha dimostrato che nell’adesione intercellulare interviene una glicoproteina di superficie, chiamata molecola di adesione intercellulare (ICAM)-1 Mentre l’LFA-1 è localizzata esclusivamente su cellule della serie ematopoietica, l’ICAM-1 si trova anche su cellule non ematopoietiche come gli endoteliociti vascolari ed i fibroblasti.

Bisogna comprendere anche come esistano interazioni non soltanto tra cellula e cellula, ma anche tra cellule e matrice extracellulare, e questa oggi viene sempre maggiormente considerata quale elemento di estrema importanza nei processi citobiologici, sia in condizioni fisiologiche, sia patologiche.

Funzioni della matrice extracellulare

  • stroma anatomico per le cellule
  • supporto biochimico per le interazioni intercellulari
  • presentazione delle citochine in forma attiva o inattiva
  • modulazione degli effetti delle citochine

La matrice fornisce alla cellula una “memoria rudimentale” utile per rispondere adeguatamente agli stimoli che la raggiungono.

Le citochine rappresentano dei “simboli” in un linguaggio intercellulare e la matrice farebbe parte dello stesso linguaggio.

Gli organismi pluricellulari possono usufruire della loro “passata esperienza” per stabilire come le loro cellule debbano rispondere alle citochine e questo è importante, soprattutto per il SNC.

Le interazioni con la matrice consentono alle citochine di attivare risposte adattative ben più complesse di quelle di cui possono essere capaci proti o eucarioti unicellulari in virtù delle possibili varianti codificate nel loro patrimonio genetico.

Citochine – In condizioni di omeostasi le citochine agiscono localmente in forma solubile o legata alle membrane, mentre in stati patologici possono circolare e raggiungere aree ben lontane dal sito di produzione.

La presenza di un doppio segnale, uno diffusibile (citochine), l’altro non diffusibile (la matrice cellulare), è essenziale nella localizzazione di una risposta cellulare ad una particolare citochina che sia ampiamente distribuita nell’organismo.

Risposta neuroimmune nella ASD – Nell’autismo, definito per troppi anni come una sindrome psicodinamica, o froidiana, ha assunto un ruolo importante la valutazione del modello biologico che combina le neuroscienze e la genetica. Nel 2001 un recentissimo studio di Robert Plomin conferma le nostre ipotesi etiopatogenetiche .

La reazione immune nel SNC dipende innanzitutto dal contatto delle cellule T con gli endoteliociti cerebrali e dalla penetrazione dei linfociti attraverso le pareti vasali.

In seguito all’interazione tra APC (cellule presentanti l’antigene) intracerebrali, antigeni e linfociti T, questi ultimi vengono ulteriormente attivati all’interno del SNC.

L’IFN gamma induce l’espressione di antigeni dell’HLA di classe 1 su astrociti, oligodendrociti e cellule microgliali e l’espressione di antigeni di classe II su una sottopopolazione astrocitaria ed altre cellule gliali.

Fenomeni di ipersensibilità ritardata comportano il rilascio di linfotossina (LT) da parte degli astrociti e delle cellule CD4, di IL-1 e TNF da parte dei gliociti e dei macrofagi, indotti a rilasciare tali citochine da stimoli di provenienza T-linfocitaria.

Macrofagi e microgliociti esercitano un ruolo molteplice nelle risposte di ipersensibilità ritardata, funzionando come APC (cellule presentanti l’antigene), secernendo prodotti citotossici, rilasciando citochine, fagocitando cellule danneggiate e morte.

Il bersaglio dell’attacco immune nelle risposte di ipersensibilità ritardata non necessita di esprimere alleli dell’HLA per essere distrutto mediante attivazione macrofagica e microgliocitaria.

Invece nel caso della citotossicità dipendente dall’attivazione dei linfociti Tc, la cellula bersaglio deve presentare alle Tc l’antigene associato a molecole di classe I dell’HLA. Allora le cellule CD8+ citotossiche rilasciano perforina, che forma canali di poliperforina in grado di consentire la fuoriuscita di ioni dalla cellula, causandone la morte.

Gli oligodendrociti possono essere lisati in questo modo tramite un sinergismo astrocito-linfocitario che determina il rilascio di perforina linfocitaria.

Il mantenimento e la riparazione tessutali nel contesto del SNC e la risposta agli agenti patogeni dipendono dalle interazioni neurogliali e dagli effetti biologici delle citochine prodotte dalle cellule del SNC e del sistema immune.

Nel SNC astrociti e neuroni si scambiano segnali che consentono loro di mantenere in equilibrio dinamico i rispettivi stati metabolici.
La rottura di tali meccanismi omeostatici può ingenerare uno scompaginamento delle comunicazioni intercellulari del SNC, la distruzione della barriera emato-encefalica e la proliferazione gliale.

Funzione degli astrociti nello scambio di ioni ossigeno e impiego del glucosio

Nell’Autismo, come in numerose forme di epilessie farmacoresistenti, oggi è documentato che un ruolo importantissimo è ricoperto dalle cellule gliari, infatti la moderna neuroimmunologia è sempre più attenta ai meccanismi biochimici ed immunogenetici che intervengono sulla GLIA.

L’omeostasi degli astrociti, come precedentemente abbiamo accennato, è regolata da un meccanismo delle citochine, infatti gli astrociti producono IL-1, (quando attivati da lesione traumatica o infettiva). Infezioni, lesioni e senescenza inducono gli astrociti a produrre IFN alfa e IFN beta che aumentano l’espressione plasmalemmale di molecole di classe I dell’HLA, rendendo le cellule suscettibili alla lisi da parte dei linfociti T.

Questo dimostra il ruolo importantissimo svolto dalla GLIA che per anni si pensava svolgesse semplici funzioni di sostegno, mentre con le proprie cellule ricopre un particolare ruolo energetico con la modulazione delle attività sinaptiche.

E’ utile a tal punto ricordare che nel cervello sono presenti circa seicento milioni di sinapsi per millimetro cubo, circa cento-centoventi miliardi di cellule e che il 90% circa delle cellule cerebrali è costituito da cellule gliari mentre solo il 10% da neuroni.

Il meccanismo neuronale prevede l’impiego della pompa sodio-potassio che ha necessità di energia proveniente dall’idrolisi dell’ATP (espelle gli ioni sodio ed incamera gli ioni potassio) , ma la produzione di ATP neuronale è scarsissima per il fabbisogno energetico della cellula nervosa. Tale pompa possiede un notevole impiego calorico e da ciò si evidenzia che le aree cerebrali più attive sono anche quelle che consumano più energia.

Gli Astrociti, maggiormente rappresentati nella GLIA, sono in possesso di abbondanti riserve di glicogeno. Sono dunque gli Astrociti i veri motori energetici in quanto sono in possesso di numerosi recettori di membrana specifici per i neurotrasmettitori che sono responsabili della trasmissione sinaptica tra due neuroni.

Ma anche gli Astrociti rispondono ai neurotrasmettitori modulando il loro metabolismo energetico.

E’ oramai noto che la noradrenalina aumenta la presenta di AMP ciclico dentro gli Astrociti e in tal modo attiva le protein – chinasi e meccanismi di fosforilazione che permettono la glicogenosi e in contemporanea l’assorbimento di glucosio da parte della medesima cellula. Tali attività, come è stato precedentemente descritto, sono proprie anche del VIP.

Un grande contributo allo studio dei meccanismi neurofisiologici dell’Autismo lo ha fornito Giovanni Pellegri nel 1999 con la sua disamina attentissima del ruolo svolto dalla GLIA.

L’idea che fino ad oggi è stata maggiormente sostenuta si riferisce alla correlazione tra l’attivazione delle cellule nervose e il contenuto di glucosio, ma recentemente viene messa in discussione.

L’architettura citologica e funzionale degli Astrociti dimostra come il glucosio sia assorbito in massima parte ad opera dei pedicelli astrocitari che rivestono per intero la superficie dei capillari cerebrali incanalando il passaggio dello zucchero verso l’interno delle cellule. Il glucosio che così viene captato dagli Astrociti, nel loro interno viene trasformato in lattato che diviene il principale elemento energetico dei neuroni, e tutto questo meccanismo estremamente complesso è regolato dal glutammato negli spazi extracellulari. E’ pertanto il glutammato ad interagire con le cellule della Nevroglia causando una risposta metabolica aumentando l’assorbimento del glucosio.

L’organizzazione strutturale degli Astrociti vede due poli: il primo circonda i vasi determinando l’assorbimento del glucosio ematico, mentre il secondo polo avvolge le sinapsi modulando la presenza dei neurotrasmettitori e conseguentemente l’attività cerebrale.

Quando gli Astrociti percepiscono il glutammato che viene emesso da circa il 90% dei neuroni, questi si attivano ed incominciano ad assorbire il glucosio dal circolo ematico.

L’assorbimento del glucosio si verifica in seguito alla successione di un processo complesso; uno stimolo nervoso consente la liberazione del glutammato ad opera dei neuroni nelle sinapsi e successivamente questo si lega ai recettori della membrana post-sinaptica modificandone l’eccitabilità.

In seguito il glutammato viene rimosso dalla propria sede extracellulare per l’intervento di proteine trasportatrici localizzate sugli Astrociti. Tali proteine, così come precedentemente è stato descritto, sono “specifiche di membrana” degli Astrociti, e quando il glutammato è penetrato subisce la trasformazione in glutammina ad opera dell’enzima glutammina-sintetasi (presente soltanto negli Astrociti).

Una fase seguente è il trasferimento della glutammina nei neuroni nei quali interviene un procedimento inverso con la costituzione di vescicole sinaptiche di glutammato.

Il trasporto del glutammato si sviluppa contemporaneamente a quello del sodio liberato dagli Astrociti per l’intervento della pompa sodio-potassio che sarà attivata sempre in presenza del glutammato captato.

Perutz M.F. e Windle A.H, nel 2001 ipotizzano tra le cause della morte neuronale, nelle sindromi neurodegenerative, l’espansione dei ripetitori di glutamina in una proteina differente.

La funzione della pompa sodio-potassio si basa sulla presenza di glucosio ottenuto dalla glicogenolisi ad opera dell’ATP sin dall’Astrocita dove il glucosio è trasformato in lattato, questo in assenza di ossigeno, con la successiva produzione di due molecole di ATP, una finalizzata all’uso della pompa sodio-potassio e l’altra per la trasformazione del glutammato in glutammina.

E’ deducibile che negli Astrociti si avrà la produzione di due molecole di ATP per glucosio assorbito, e il neurone assorbe due molecole di lattato per ogni molecola di glucosio assorbita dagli stessi Astrociti.

Da tali molecole di lattato il neurone ricava ben 34 molecole di ATP. Tale processo viene definito “Navetta del lattato Astrocita-neurone”.

Sinteticamente è possibile definire che il glutammato, nelle sinapsi eccitatorie, modula l’eccitazione del neurone post-sinaptico e stimola l’entrata del glucosio negli Astrociti con la successiva produzione di lattato.

Il trasporto del lattato oltre la barriera emato-encefalica è dovuto anche alla presenza di proteine cerebrali, presenti nei mammiferi adulti, mentre è stata documentata anche la presenza, a livello cerebrale, degli enzimi di sintesi e degradazione e quella degli RNA messaggeri per i due enzimi di trasporto del lattato, Mono Carboxylate Transporter (MCT1 e MCT2), che ci permettono dunque di ipotizzare una produzione cerebrale endogena di lattato.

A livello cerebrale è stata osservata anche la presenza della Latticodeidrogenasi (LDH). Questa si presenta in cinque forme differenti (isoenzimi) che scaturiscono da differenti combinazioni delle due subunità che la compongono.

Diversi studi istologici con l’impiego di anticorpi monoclonali diretti contro isoenzimi LDH, hanno dimostrato la presenza di LDH5 negli Astrociti e di LDH1 nei neuroni; quest’ultimo isoenzima è caratteristico per il consumo del lattato, quindi gli Astrociti si configurano come produttori e i neuroni come consumatori.

Con la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) e la Risonanza Magnetica Funzionale (fRMI) si è dimostrato come il flusso ematico cerebrale sia maggiorato in relazione all’aumento dell’attività cerebrale stessa.

In particolare con la TEP si è osservato che il funzionamento del tessuto neurologico è simile a quello del tessuto muscolare, tanto che nelle situazioni di intensa attività lavora in anaerobia, anche se nel cervello è presenta una notevole quantità di ossigeno.

Questa anaerobia funzionale è possibile definirla mediante la relazione Astrocita-neurone.

L’impiego dell’ossigeno è differente da quello del glucosio che viene trasformato immediatamente in lattato, negli Astrociti, in assenza di ossigeno che successivamente viene trattato nelle vie aerobiche dei neuroni.

La impermeabilità della barriera emato-encefalica al lattato imponeva di credere che lo stesso non potesse entrare o uscire dal tessuto cerebrale, quindi dovesse essere prodotto all’interno delle cellule nervose, non considerando che lesioni della barriera emato-encefalica su base autoimmunitaria potessero determinare l’incremento della permeabilità della stessa.

Estremamente interessante è la possibilità che l’intervento di mercuriali, presenti come adiuvanti in numerosissimi vaccini, possa bloccare i canali del sodio che sono particolarmente sensibili ai bassi dosaggi di Hg (2+). Tale blocco determinerebbe dunque una inibizione della produzione di ATP con conseguente danno cellulare.

E’ dimostrata tale azione dei mercuriali, Thimerosal (eccipiente vaccinale) quali inibenti i canali del sodio, che determinano una diminuzione della eccitabilità neuronale.

Nell’Autismo, si ipotizza che una lesione della barriera emato- encefalica su base autoimmunitaria determini la permeabilità e l’accumulo di radicali liberi nelle strutture mitocondriali degli Astrociti, inibendo così lo scambio degli ioni ossigeno tra il vaso sanguigno e la cellula nervosa.

La produzione di radicali liberi circolanti è strettamente correlata alla disbiosi intestinale, al malassorbimento, all’azione di batteri patogeni, virus e parassiti presenti nel lume intestinale, come la presenza della candida ricopre un ruolo fondamentale nella produzione di amine tossiche.

Pertanto tutti gli stati tossici hanno la conclamata possibilità di inibire l’attività mitocondriale delle cellule nervose con l’accumulo nelle stesse di radicali liberi che, in relazione al tipo di lesione presente, e ad aplotipi HLA individuati, determinano una inibizione delle funzioni  biochimiche degli Astrociti con la comparsa di  diversi quadri clinici  associati a forme di epilessie farmacoresistenti, a stereotipie, a crisi ipercinetiche, anche queste farmacoresistenti, ad alterazioni sensoriali.

E’ quindi il network citochinico neurono – glio- linfocitario a rivestire un ruolo chiave nella genesi e nella regolazione della risposta neuroimmune nella Sindrome Autistica ASD.


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Il recettore immunitario innato microgliale TREM2 è necessario per l’eliminazione delle sinapsi e la normale connettività cerebrale

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Anthony J Filiano 1Sachin P Gadani 2Jonathan Kipnis 2

Interazioni dell’immunità innata e adattativa nello sviluppo e nella funzione del cervello

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IT – Pubblicazione N° 01 del 20/06/2024

The Mediterranean Journal of Surgery, Medicine and Forensic Sciences

ISSN: xxxxxx

Ricevuto: 18/06/2024

Accettato: 20/06/2024

Pubblicato online il 20 GIUGNO 2024